Vivere l’alluvione a dodici anni
Non so da dove cominciare. Probabilmente da quella notte, la notte dell’alluvione. Era stata una giornata piena di tuoni e fulmini, che faceva paura già solo per quel motivo. Quella sera ero andata a letto presto. Mi risvegliai verso le una o le due di notte con l’allarme che faceva un suono stridulo; decisi di alzarmi perché era impossibile dormire. Aprii la porta e andai a vedere fuori dal balcone e ciò che vidi non lo augurerò mai a nessuno. Tutta la via era piena d’acqua fino al manubrio di una bicicletta e tutta quell’acqua marrone era anche dentro casa nostra.
I miei genitori intanto portavano più cose possibili al piano di sopra, tutto. Io passai la maggior parte di quella notte seduta sul balcone a parlare con i vicini. Era meglio stare fuori che dentro, l’acqua puzzava e dentro si sentiva anche di più, certo fuori non c’era l’aria fresca però era sempre meglio che stare all’interno della casa. Verso le tre e mezzo andammo tutti a dormire non sapendo cos’altro potessimo fare. Quando ci risvegliammo, l’acqua era scesa, arrivava alle cosce. I giorni successivi andai a dormire da i miei parenti e non so come abbiano fatto a svuotare la casa dall’acqua perché non ero voluta tornare a vedere. Ci trasferimmo momentaneamente in una casa vicino.
Ora sono passati oltre tre mesi dalla notte del quindici settembre e ancora alcune strade si riempiono di fango quando piove, molti marciapiedi sono rotti e c’è ancora paura tra la gente. Ora è Natale e noi ancora non siamo tornati a casa nostra. Non mi sembra Natale…
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