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Senigallia, troppo precariato. Pucci (Cgil): «Si è poveri pur lavorando» – L’INTERVISTA

Scritto da Carlo Leone il . Pubblicato in , .
Guido Pucci
Guido Pucci

Precariato, lavoro nero, sfruttamento dei lavoratori con orari estesi, compensi fuori dalla busta paga, nessun riposo: sono temi all’ordine del giorno, purtroppo, che offrono numerosi spunti di riflessione. Lo sentiamo dalle cronache su tutti i mezzi di comunicazione ma che situazione c’è nel territorio della Diocesi di Senigallia? Lo abbiamo chiesto a Guido Pucci, segretario responsabile della Cgil di Senigallia. L’intervista è in onda venerdì 12 luglio, ore 13:10 e ore 20, sabato 13 agli stessi orari e domenica 14 a partire dalle 16:50 (la terza delle tre interviste programmate), sempre su Radio Duomo Senigallia-InBlu (95.2 FM). L’audio integrale è disponibile anche in questo articolo grazie al lettore multimediale dove potrete trovare anche un estratto testuale dell’intervista.

Che situazione occupazionale abbiamo nel senigalliese e nella vallata Misa Nevola?
Senigallia ha le caratteristiche legate al turismo, al settore alberghiero, ricettivo e alle attività legate alla pesca e all’indotto; all’interno ci sono più realtà industriali, principalmente nel settore cartotecnico, con imprese molto importanti. Nell’alta valle ci sono più imprese metalmeccaniche e di componentistica oltre a tutti i dipendenti che lavorano nelle aree industriali.

Le continue crisi hanno ridotto le potenzialità economiche delle persone, a Senigallia, come altrove: che scenario troviamo?
C’è un sottobosco di fragilità e di difficoltà o povertà che non si limita agli immigrati ma interessa anche la popolazione, diciamo così, nativa di queste zone.

Ci sono tanti fenomeni di sfruttamento delle persone in ambito lavorativo, a partire dal caporalato nel settore agricolo, ma anche il turismo non è esente…
E’ un settore trainante ma vi emergono tante situazioni irregolari. Riguardo la contrattualistica ci vengono segnalati aspetti che si stanno incancrenendo: si va verso una sorta di contratto minimo, al di fuori del quale c’è il compenso in nero, ci sono orari estesi, magari senza riposo, fino a tardi. Spesso nei lavori stagionali alcuni diritti vengono ritenuti sacrificabili poiché si lavora per pochi mesi, come se fossimo automi.

E i controlli?
Le ispezioni sono poche, 472 in tutta la regione Marche in un anno per quanto riguarda il settore alloggio e ristorazione; per agricoltura e pesca sono 143 in tutte le Marche. Sulla base delle ispezioni circa l’81% dei controllati risulta irregolare. E’ preoccupante, si rileva un certo tipo di cultura ed è legato al precariato.

Cioè?
Oggi su 10 assunzioni 7-8 sono contratti precari, part time involontari, soprattutto per le donne, oggi si è poveri pur lavorando. Prima potevi farti dei mutui e costruirti una famiglia. Oggi non è più così. E si scappa all’estero.

Come si combattono questi problemi?
Si deve rivedere il modello di sviluppo che vogliamo; rimettere in fila le priorità di un paese, riorganizzare le politiche industriali e lavorative. Il mercato non basta: non risolve ogni problema. Durante la pandemia lo abbiamo sperimentato. Si deve investire, soprattutto in ricerca e sviluppo. In Italia siamo indietro rispetto ad altri paesi su tutto, oltre che per i salari che sono tornati indietro mentre altrove sono cresciuti anche del 20%. Qui si lavora di più e si guadagna di meno.

Che soluzioni per contrastare il precariato? Bastano i controlli?
L’occupazione in Italia è rimasta dal ‘91 al 2021 al 47%, poi con le differenze tra uomini e donne, più penalizzate. La flessibilità non ha risolto i problemi e non ha aumentato l’occupazione, come il jobs act pensava di poter fare. Le normative fanno la differenza: poter fare vari contratti anche di poche settimane o pochi mesi, senza dover comunicare la causale per cui non si assume a tempo indeterminato, aumenta la precarizzazione.

Le Marche hanno più precari di altre regioni?
La nostra regione ha un primato in Italia sul precariato. Sul totale delle assunzioni, solo l’11% è a tempo indeterminato. Con ripercussioni anche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: se non ti assumo, non investo in formazione. Poi c’è il tema di appalti e subappalti. Gli infortuni crescono continuamente, tra le donne soprattutto.

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