Respirare la speranza, anche grazie ad una radio
Respirare, sinonimo di vita. È l’abilità naturale maggiormente messa in discussione dal Corona virus, il morbo che ci ha debilitati da tanti punti di vista, fatti scoprire vulnerabili, che ha messo in discussione anche il nostro stare insieme perché potenzialmente untori gli uni degli altri. Il respiro corto che crea affanno, fatica di ripensarsi insieme, che toglie ossigeno alla speranza.
La consueta lungimiranza di papa Francesco ha colpito ancora quando, nell’omelia della Messa di Pentecoste, ha detto senza mezzi termini: “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla”. Ed è per questo che abbiamo più che mai bisogno di riprendere fiato, di recuperare esperienze di vita buona, di dare voce a quanti non soltanto hanno tenuto duro, ma hanno ancor più voglia di darsi da fare per immaginare e vivere nuove relazioni. Nasce anche da questo desiderio il ciclo di tramissioni ‘Respirare la speranza’ che per sei lunedì consecutivi (dal 18 maggio al 22 giugno scorsi, in diretta alle ore 21.00) ha animato i media diocesani (Radio Duomo Senigallia, la pagina facebook Radioduomo/ vocemisena e l’omonimo canale Youtube), dando voce a persone particolarmente interpellate dalla pandemia. Genitori, medici, operatori sanitari, insegnanti, preti, psicologi, imprenditori e volontari, tutti scossi da quanto è capitato e profondamente convinti che ci sono margini per ripartire meglio, per farsi più di una domanda anche qui, nel nostro piccolo mondo, coinvolto come l’intero pianeta in questa emergenza.
Cosa resterà di questa pandemia? La crisi dell’economia, la disoccupazione, le fragilità umane che sono emerse e che emergeranno in tanti, a detta almeno degli psicologi, le relazioni mediate dalle mascherine, le domande sulla nostra salute e sui comportamenti da tenere in futuro, le chiese mezze vuote? L’ossessione per la distanza, il lavarsi le mani, le abitudini stravolte? Quando siamo stati agli arresti domiciliari la vita non si è fermata, è stata sospesa ‘solo’ quella più evidente, esposta, rumorosa. Ma nel chiuso delle nostre case, dei pochi luoghi ammessi ad un minimo di contatti, si è vissuto eccome. E un po’ di questa vita nascosta e paradossalmente più evidente, più vera, più votata a quanto è essenziale, l’abbiamo ascoltata in queste puntate radiofoniche. In ognuna di essa (riascoltabile in streaming nei canali sopra indicati) abbiamo sollecitato gli ospiti nell’indicarci alcuni percorsi concreti ed improrogabili affinché questa terribile storia recente, come propone il Papa, almeno ci insegni qualcosa. Magari con la speranza, quella da respirare sempre più, di vederci attorno ad un tavolo, stavolta in carne ed ossa, per ripartire sul serio.
Ecco cosa è emerso, in maniera molto sintetica. Andrea Marconi – Croce Rossa: “C’è bisogno di solidarietà e rispetto delle regole, specialmente pensando ad un’eventuale recrudescenza del virus. Bisogna avere il coraggio di fare scelte diverse che permettono alle persone di vivere tranquillamente la propria vita”. Mario Vichi, presidente dell’Opera Pia: “Da questa esperienza dobbiamo imparare a fare sistema, non possiamo permetterci di andare per conto nostro (Comune, distretto, ambito, associazioni di volontariato…); occorre unire le forze, solo in questa maniera riusciamo a definire ‘chi fa che cosa’, nel rispetto dei singoli ruoli e competenze”. Elena Imperio,
insegnante e presidente dell’associazione ‘L’amore-Donato’: “è prioritario interpellare i bambini, i grandi dimenticati nei giorni della grande pandemia, creando percorsi di ascolto e dialogo con loro. Inoltre c’è da affrontare il tema della morte: sto pensando a ‘death cafè’, luoghi in cui si può parlare liberamente di questa realtà, così che possiamo impastarla di più con la vita. Cercare occasioni in cui poter parlare ognuno del pezzetto che ha vissuto, sapendosi accolti, perché le parole possono essere pietre preziose per gli altri”. Simona D’Addesa, medico del Pronto Soccorso: “C’è da aumentare le risorse ed il personale sanitario perché non è possibile continuare a lavorare in questo modo. Sono anni che sentiamo parlare di ‘isorisorse’ e questo anche durante la pandemia. Poi è importante osservare esempi virtuosi, sperando che abbiamo imparato che non necessariamente dobbiamo essere veloci, smart, felici ad ogni costo. Speriamo che tutta questa cosa ci abbia insegnato che la sostanza non fa rumore e va sostenuta”. Giorgia Iorio, neurologa: “Il cambiamento è anzitutto interiore, occorre far tesoro della solitudine. Prevedere un ascolto professionale che faccia affrontare con coraggio il senso dell’incertezza che durerà per tanto tempo. Riscoprire la fiducia nei medici”. Luigina Bucci, insegnante: “Occorre non abbassare la guardia, rimanere attenti e vigili, le istituzioni sanitarie e scolastiche dovrebbero agire in sinergia”. Keti Chiappa, psicoterapeuta: “è molto importante riprendere connessione con noi stessi, con il nostro corpo, imparare a conoscerci. Abbiamo la possibilità di connetterci con il mondo e vivere per davvero l’empatia. Farei degli incontri sullo sviluppare una rete di protezione, gli adulti dovrebbero essere un sistema immunitario, persone capaci di prevenire ed intervenire sulle situazioni problematiche. Prendersi cura di chi si prende cura (insegnanti, educatori, genitori, parroci…)”. Luca Facchini, caposcout ed insegnante: “Ripartiamo dai giovani, non fermiamo i loro sogni, facciamoli parlare, permettiamo loro di dire le difficoltà”. Maria Morbidelli, studentessa universitaria: “Consentire a noi stessi è ritagliarci dei momenti di silenzio. È importante fare incontrare generazioni diverse per scambiarsi idee e sguardi complementari, una sorta di ‘tavoli sociali’ in cui ognuno può portare il suo punto di vista. Don
Andrea Franceschini: “Dobbiamo darci un tempo per il discernimento, non avere troppa fretta di capire bene cosa ci sta indicando la realtà. A livello ecclesiale dovremmo avere il coraggio di mettere da parte tanti progetti e programmi quando li sentiamo stretti, sterili. Sempre più persone con la loro originalità creano una comunità. Riscoprire la potenza dei sacramenti che diventano vita”.
Parole che chiedono azioni e vita vissuta.
Laura Mandolini