Quando una processione disturba la movida senigalliese
Esiste il diritto di celebrare in pubblico, almeno una volta all’anno, il proprio credo religioso? Esiste il diritto di occupare pacificamente le strade del centro storico per una processione, almeno il Venerdì santo, uno dei giorni più importanti per i cristiani? Ci si può aspettare quel rispetto mimino di convivenza civile che cerca di far convivere esigenze diverse?
Verrebbe da rispondere ‘sì’ a tutte e tre le domande. Ma pare non sia così. Che siamo in una società scristianizzata è un dato di fatto, può dispiacere ad alcuni ma ognuno, della sua coscienza, decide come meglio crede. Anzi, i fondamentalismi di ogni colore fanno male a tutti.
Qui stiamo parlando d’altro. Di rispetto ed educazione civica. Di ristoranti, bar e locali nei quali non si ha nemmeno lo scrupolo di abbassare voci e suoni, giusto il tempo del breve passaggio del corteo religioso. La città della movida non molla un minuto, guai a disturbare i tavolini – praticamente posizionati ovunque, ogni dieci metri – e relativi avventori. Non viene nemmeno in mente di sospendere per un attimo il chiasso di sempre. Un folto gruppo di adolescenti incrocia la folla, nemmeno la curiosità di girare la testa per vedere cosa succede, chi sono questi soggetti che ancora tengono in vita queste strambe usanze. Sono piccoli segnali di spaventosa indifferenza. Non c’è quasi più niente che incuriosisce o suscita domande.
Peggio è andata nella vicina Fano: la messa solenne di Pasqua accompagnata dal coro polifonico con il sottofondo di un incalzante dj set. Questa la spiazzante esperienza vissuta nel tardo pomeriggio di domenica da quanti hanno partecipato alla celebrazione pasquale nella basilica di San Paterniano. Mal comune, mezza tristezza. Perché se è vero che il mondo cambia in fretta, vale la pena chiedersi chi e cosa, in questo vorticoso cambiamento, sarebbe bene custodire e nutrire ancora.
Laura Mandolini
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