Pietro Perugino, protagonista in città con la Pala di Senigallia
La Pinacoteca Diocesana di Senigallia conserva al suo interno uno dei capolavori più importanti e misteriosi di Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, un artista a cavallo fra due mondi, da un lato le meravigliose architetture di Piero della Francesca e dall’altro la propensione per la pittura devozionale, dovuta agli anni di studio presso la bottega fiorentina del Verrocchio, accanto a Leonardo Da Vinci e Sandro Botticelli.
L’opera, nota come la Pala di Senigallia, sappiamo essere arrivata nella nostra città come dono alla nobile famiglia dei Della Rovere, tra il 1538 e il 1599, e collocata nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, fatta costruire nel 1491 dall’architetto Baccio Pontelli su commissione di Giovanni Della Rovere e Giovanna da Montefeltro per la nascita dell’atteso figlio maschio, Francesco Maria I Della Rovere.
Resta però un mistero l’anno esatto di realizzazione dell’opera, la Committenza e dove venne collocato il dipinto prima dell’arrivo a Senigallia. Possiamo presupporre che il Perugino lavorò alla grande tavola all’inizio del XVI secolo e grazie a un’incisione posta sotto il piede destro di San Francesco, in cui è riportata la data 1507, sappiamo che in quell’anno l’opera era già esistente.
Pietro Perugino realizza la tavola, sorella minore della Pala di Fano datata 1497 e conservata presso la Chiesa di Santa Maria Nuova a Fano, aderendo alla consueta formula della Sacra Conversazione in cui ogni personaggio rappresentato è confinato all’interno della propria figura, evitando interazioni con gli altri protagonisti del dipinto.
L’opera ci mostra, al centro della scena, la Madonna in trono con Bambino circondata, da sinistra a destra, da San Giovanni Battista, San Ludovico di Tolosa, San Francesco d’Assisi, San Pietro, San Paolo e San Giacomo.
Nel dipinto fanese, che si distingue dalla Pala di Senigallia per alcuni interessanti dettagli, non troviamo San Giacomo ma Santa Maria Maddalena. Il cartonato adoperato per realizzare la sagoma di San Giacomo è evidentemente lo stesso ma, in fase di esecuzione, la figura è stata trasformata: oltre ai capelli, ai lineamenti del viso e al colore delle vesti, nell’opera senigalliese il personaggio perde il fiordaliso, sostituito da un lungo bastone del pellegrino, e l’ampolla per gli unguenti tenuta in mano dalla Maddalena si trasforma in un libretto.
Ammirare la Pala di Senigallia nell’ambiente a lei dedicato all’interno della Pinacoteca Diocesana permette al visitatore di immergersi nelle cromie, nelle forme e nei paesaggi che hanno reso Pietro Perugino uno dei principali protagonisti del Rinascimento italiano, definito “il meglio maestro d’Italia” in una lettera scritta nel 1500 dal banchiere dei papi Agostino Chigi e “divin pittore” in alcuni versi del padre di Raffaello, l’artista Giovanni Santi.
Marco Pettinari