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Pietro Bartolo a Senigallia. Da Lampedusa al Parlamento europeo per un mondo più giusto

Il medico di Lampedusa parla a tutti. Pietro Bartolo è un fiume in piena, ipnotizza con il suo racconto a cuore aperto, alterna le lacrime di chi nella sua isola ha visto troppi morti – con tanto di record di ispezioni cadaveriche – all’indignazione del non riuscire a riconciliarsi con la cinica indifferenza dei nostri giorni, quella che considera un dato normale la continua strage di vite migranti, nel Mediterraneo come in altri confini del nostro continente.

Accolto dalla Scuola di pace ‘V. Buccelletti’ di Senigallia è riuscito ancora una volta a richiamare tantissime persone, a dispetto di una progressiva stanchezza dell’ opinione pubblica ad interessarsi di così tanti drammi contemporanei. Ci riesce perché è credibile, perché parla chiaro e paga di persona la sua coerenza. Dal piccolo, ultimo lembo d’Italia dove è nato, fino al cuore dell’Europa comunitaria nel suo impegno di parlamentare europeo, il suo instancabile grido è ritornare ad essere umani. Solo così riesce a reggere le ‘cose terrificanti’ di cui è stato testimone a Lampedusa come nelle foreste tra Croazia e Bosnia Erzegovina. Solo impegnandosi ogni giorno ed in ogni modo per una convivenza più giusta e rispettosa di ogni vita si sente meno tormentato dal sogno ricorrente, quasi ogni notte, che gli ripropone l’immagine di un bambino morto tra le sue braccia. Uno dei tanti, uno dei dimenticati, uno della contabilità degli scartati, delle morti da migrazione.

Smonta una per una le bugie create ad arte per raccattare consensi e nutrire l’efficace tesoretto della paura: nessuna malattia infettiva è sbarcata sulle nostre coste, nessun ladrocinio di posti di lavoro, altrimenti come spiegare l’accorato appello degli imprenditori del Nord Italia per chiedere a gran voce la manodopera indispensabile per mandare avanti le loro aziende. 550mila lavoratori e lavoratrici potranno entrare in Italia, è scritto nell’ultimo ‘decreto flussi’ previsto dal governo nazionale e nessuno, stavolta, grida all’invasione. Quelle migliaia di disperati che approdano a Lampedusa, invece, mettono paura! “Eppure quanto abbiamo bisogno di vite nuove – dice Bartolo – per far funzionare meglio i nostri Paesi, visto che a queste latitudini di figli se ne fanno davvero pochi”. I demografi parlano chiaro e questi non sono di destra né di sinistra: i Paesi membri dell’Unione Europea avrebbero bisogno di 55 milioni di persone. Cinquantacinque milioni, una popolazione quasi come l’Italia intera, tanto servirebbe nel medio – lungo periodo per far funzionare i servizi, garantire le pensioni, tenere aperte le scuole, far girare l’economia.

Strano paese, il nostro. Non riusciamo a regolarizzare un fenomeno che ci interpella da oltre trent’anni, ma non scommettiamo sulla vita ‘autoctona’, culle sempre più vuote e invecchiamento galoppante. Vogliamo rimanere ai vertici dell’economia mondiale, ma siamo terrorizzati dall’idea di far entrare braccia utili per mandare avanti la baracca. Vogliamo deportare – sì, il verbo giusto è questo – in Albania chi vorrebbe vivere qui, in cambio di un ingresso molto più consistente in suolo patrio di centinaia di migliaia di albanesi. Loro sì – e ci mancherebbe – gli altri no.

Bartolo sovrappone continuamente i piani, dal ‘semplicemente umano’ al politico e viceversa. Perché sì la politica, sempre secondo l’onorevole medico, ‘è qualcosa di meraviglioso, è la possibilità che abbiamo di realizzare un mondo più bello, più ad altezza di donne e di uomini’. Trova il tempo anche per studiare ed approfondire i dossier, è il primo in quanto a presenze nell’emiciclo di Strasburgo, percorre tanti angoli d’Europa per incontrare e raccontare popoli molto più solidali ed aperti dei loro governanti, frequenta con disinvoltura i luoghi delle decisioni per proporre progetti, atti e visioni più degni della nostra storia migliore.

Rimangono pochi mesi dalla fine della legislatura parlamentare comunitaria e il dottor Bartolo ha un obiettivo: modificare i trattati interni che regolano le migrazioni, così che i flussi possano essere maggiormente distribuiti tra i Paesi membri: “Se riuscissimo a redistribuire almeno il 50% degli arrivi sarebbe un buon risultato”. Lui avrebbe puntato al 100%, ma sa che il realismo è una prerogativa preziosa di ogni politica sensata.

Scorrono le immagini del naufragio del 3 ottobre 2013. Morirono 368 persone, negli anni seguenti ne sarebbero morte ancora tante altre. “Perché abbiamo così paura di pronunciare la parola ‘amore’?”. Non si dà pace, Bartolo, ma non rinuncia alla speranza e sa rendere il desiderio di un’Europa diversa una nostalgia alla nostra portata.

Laura Mandolini

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