Per la prima volta la Marcia della pace si farà on line
Per la prima volta dopo 53 anni la Marcia nazionale della pace di fine anno non si farà. L’iniziativa, che doveva svolgersi a Savona la sera del 31 dicembre, è promossa da Pax Christi Italia, insieme alla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, Caritas italiana e Azione cattolica italiana. Anche il tradizionale appuntamento ecclesiale, che coinvolgeva ogni anno centinaia e a volte migliaia di persone, dovrà fare i conti con l’emergenza sanitaria e ripiegare sugli appuntamenti on line. Il primo si terrà il 30 dicembre alle 18, con gli interventi dei vescovi monsignor Filippo Santoro, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia. Ci saranno poi testimonianze sull’Iraq – in vista del viaggio del Papa dal 5 all’8 marzo 2021 – e sulle armi nucleari. Il 30 sera, alle 21 andrà in onda su Tv2000 il rosario da Altamura con mons. Ricchiuti. Il 31 sera, alle 22.30 ci sarà una “marcia virtuale” trasmessa sulla pagina Facebook di Pax Christi e vedrà come protagonista monsignor Luigi Bettazzi, il 97enne vescovo emerito di Ivrea, memoria storica dell’iniziativa perché ha partecipato a tutte le edizioni della marcia. Il filo conduttore, ovviamente, sarà il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio 2021 sul tema: “La cultura della cura come percorso di pace”.
Adattarsi ai cambiamenti. “Il tempo che viviamo ci chiede di prendere atto della situazione e adattarci a certi cambiamenti”, afferma al Sir don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, reduce da 40 giorni in isolamento per aver contratto il Covid-19. “Mi sono sentito come un monaco 2.0”, scherza, spiegando “che rinunciare alla Marcia è una piccola cosa pensando alle fatiche di questi tempi. Vogliamo ricordare che il futuro è nel prendersi cura di chi soffre. Certo ci mancherà ritrovarci come persone, il calore umano non è sostituibile. Ma la situazione è questa e si va avanti con la passione di sempre”. Secondo il coordinatore di Pax Christi il linguaggio del giornalismo e della politica, che descrivono l’emergenza sanitaria come una guerra, è sbagliato e può ingenerare confusione: “Le guerre sono fatte per uccidere, ora siamo impegnati per salvare vite”.
La Marcia si è svolta per la prima volta a Sotto il Monte nel 1968, per contrastare la cultura consumista ed edonistica legata alla fine dell’anno e puntare l’attenzione invece sull’importanza di impegnarsi concretamente per la costruzione della pace. Oggi come allora si parla ancora del pericolo delle testate nucleari – da ricordare che l’Italia ospita una settantina di testate nucleari made in Usa sul suo territorio e altre ne arriveranno -, dell’urgenza di riconvertire la produzione di armamenti in altre attività e di smettere di esportare armi a Paesi in guerra o che violano i diritti umani, come l’Egitto o lo Yemen.
Ascoltare Papa Francesco. Basterebbe solo che i governi ascoltassero Papa Francesco, che ha rilanciato ancora un volta nel suo Messaggio per la Pace l’invito a destinare i soldi per le armi ad un Fondo per combattere la fame nel mondo. Nei mesi scorsi aveva invitato invece a finanziare le strutture sanitarie. Altrimenti, osserva don Sacco, “a furia di fare tagli alla sanità subentra il guadagno e la salute delle persone non ha più valore”. “Il rischio – prosegue – è che la voce del Papa su questi temi rimanga isolata, anche all’interno della Chiesa, senza rendersi conto di quanto la pace sia importante per tutti”. “Bisogna avere il suo sguardo dal respiro ampio che si prende cura di tutti – osserva –, dei poveri, dei migranti, del creato, di chi soffre in ogni angolo della terra. Senza questo spirito della cura prende piede l’individualismo, il razzismo, la xenofobia. E già lo stiamo constatando”. Purtroppo, conclude don Sacco, “sono temi tabù perché dietro c’è un grande business. Se prevalgono il denaro e gli interessi non prevale la cura. Denunciare queste situazioni è nostro dovere, significa dare gambe concrete alla pace. Altrimenti diventano solo pie esortazioni”.
Patrizia Caiffa