Pensioni troppo basse: anziani costretti a rinunciare alla prevenzione sanitaria – INTERVISTA
Questioni economiche, sociali e sanitarie si intrecciano nell’ultima intervista che abbiamo realizzato con Radio Duomo Senigallia. L’ospite di “Venti minuti da Leone”, il programma con le interviste ai protagonisti del territorio diocesano, è Carlo Zezza, ex sindacalista ed ex segretario della FNP Cisl, la federazione nazionale pensionati del sindacato romano guidato oggi da Luigi Sbarra. L’intervista è in onda lunedì 5 agosto alle ore 20; martedì 6 alle ore 13:10 e alle ore 20; e domenica 11 a partire dalle ore 16:50. Ovviamente sempre su Radio Duomo Senigallia/InBlu (95.2 FM). L’audio integrale è disponibile anche in questo articolo contenente un estratto dell’intervista.
Innanzitutto due parole su di te
Ho lavorato in ospedale, nella sanità, prima all’Umberto I poi a Torrette. Ero delegato Cisl. Poi quando sono andato in pensione, sono andato a dare una mano a un amico e sono stato sindacalista. Prima l’impegno era solo una mezza giornata, poi si è ampliato a tutti i giorni, tutto il giorno. Infine sono divenuto persino segretario della Fnp della Cisl e segretario di Jesi, Fabriano e Senigallia.
Come sono messe le pensioni degli italiani?
La media delle pensioni lorde, un anno fa, era 1170 euro. E molti pensionati non riescono a fare prevenzione sanitaria, o affrontare una spesa imprevista, come la rottura di una caldaia.
Come ci si è arrivati?
E’ un percorso lungo ma l’inflazione è alta, al 7,5% ma di che paniere? Io vado a fare spesa e la pasta l’ho vista aumentare da 80 centesimi a 2 euro. La stessa. Ma l’aumento delle pensioni del 7,5% non basta ad affrontare questi rincari, vuol dire che il resto lo deve tirare fuori il pensionato. E non va bene.
Che problematiche ti segnalano?
I pensionati non riescono più a curarsi, a fare prevenzione. E poi con tempistiche talmente lunghe. Molti rinunciano.
Le famiglie di oggi fanno affidamento sui pensionati, non solo come babysitter per i nipoti, ma proprio come punto di riferimento anche economico.
Si, confermo, ma i pensionati non riescono a fare fronte a tutto, se si rompe qualcosa addirittura si devono fare mutui che poi vanno a erodere le entrate della pensione. E poi è un circolo vizioso.
E quale soluzione per la sanità?
Io abolirei le visite a pagamento, quelle intramoenia, ma è un parere personale. Certamente medici e infermieri vanno cercati e assunti, gli stipendi aumentati perché sono tra i più bassi d’Europa. Le prestazioni andrebbero di pari con l’Isee, se uno ha tanto paga prestazione piena.
Come se ne esce?
Manca il personale, ma adesso ce se ne accorge? La programmazione va fatta dieci anni prima.
C’è poi un settore privato che sta facendo da asso pigliatutto oppure se ne vanno in altri paesi…
All’estero vengono pagati meglio, altri paesi danno anche la casa ai giovani medici o infermieri. Qui solo 1200 euro. Ma ci si campava una volta con quella cifra.
Lo Stato se lo può permettere?
E’ un discorso politico, vanno fatte scelte su come e dove investire le risorse pubbliche. La sanità pubblica va rafforzata; siamo arrivati davvero agli sgoccioli.
Si potrebbero prendere risorse da altri settori, tipo le spese militari?
Non so; se una nazione vuole essere forte, deve avere una difesa forte. E quindi servono soldi e investimenti. Ma di certo non si può lasciare la sanità così.
Qual è il ruolo del sindacato dei pensionati oggi?
Il mio sindacato ha sempre parlato di questa situazione, come di tante altre questioni, è la politica che dovrebbe prendere in mano la gestione. Io sono innamorato del mio sindacato perché si è sempre battuto. Dà anche lavoro e ha al suo interno tanti giovani competenti. Ma in generale dico sempre che è meglio un cattivo sindacato che un buon padrone.
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