La pace non è roba da sognatori
La Scuola di pace, a Senigallia, ha una lunga storia di iniziative sui temi della mondialità, diritti umani, scelte e racconti di pace. Abbiamo incontrato Daniele Marzi, uno dei due presidenti della Scuola di pace (l’altra presidente è Chiara Perugini), realtà istituzionale del comune di Senigallia ed animata da diverse associazioni, sindacati e movimenti di base cittadini.
Qual è il senso più profondo di una ‘Scuola di pace’ a Senigallia?
Direi che il significato è contenuto nel nome stesso. Il termine “scuola” ci dice innanzitutto che la pace è qualcosa che si può imparare, qualcosa a cui ci si può educare. Abbiamo bisogno di una formazione permanente alla pace, non solo teorica ma anche esperienziale, che incida nei comportamenti delle persone; la Scuola di pace di Senigallia da oltre 30 anni esprime la volontà della nostra città di non arrendersi alla logica della guerra che pervade spesso le nostre relazioni in tutte le dimensioni della vita. E non è secondario che la nostra Scuola di Pace sia un emanazione dell’istituzione comunale perché sottolinea l’idea che la pace è una scelta costituzionale, una scelta espressa limpidamente nell’articolo 11 della costituzione. Non a caso abbiamo scelto la data del 2 giugno per celebrare la festa della Pace. Una scelta operata per sottrarre la Festa della Repubblica alla retorica delle parate militari che nulla hanno a che vedere con la Repubblica.
La fatica più grande e la risorsa più incisiva nell’affrontare il tema “pace”…
La fatica più grande è quella di essere presi per degli ingenui idealisti, campati per aria, mentre le nostre proposte sono estremamente concrete e razionali. Purtroppo siamo figli di una storia, narrataci fin da bambini come una mera successione di guerre, in cui la violenza è data per scontata, è ovvia, connaturata alla natura umana. Noi non neghiamo la realtà e la necessità dei conflitti, ma mettiamo in discussione, sulla base dei fatti, che la violenza sia il metodo per risolverli. Se accettiamo culturalmente la violenza poi saremo in grado di giustificare gli atti di violenza più spregevoli e terribili come la guerra civile in Bosnia, o come tenere in pieno inverno persone disperate fuori dai confini della civile Europa…
Leggi l’intervista completa, a cura di Laura Mandolini, sull’edizione del 20 gennaio, disponibile qui.
Sostieni l’editoria locale, abbonati a La Voce Misena