«Nessuna chiusura, Campanile getta discredito sulla fondazione Città di Senigallia»
Sono numerose le difficoltà che sta vivendo la fondazione Città di Senigallia, ancora alle prese con i bilanci in rosso, con la vertenza Autostrade, con il progetto Orti del vescovo, ma si iniziano a vedere i primi risultati di un anno di gestione commissariale. A fare il punto è proprio il commissario straordinario Corrado Canafoglia che innanzitutto smentisce categoricamente le affermazioni del consigliere di Amo Senigallia Gennaro Campanile sulla paventata chiusura della residenza protetta per anziani di via del Seminario.
Nonostante la condizione sia «migliorata rispetto agli anni precedenti», l’ente vive una «fase critica, molto delicata» spiega il noto avvocato senigalliese non solo perché il risanamento economico e finanziario dell’ente andrà avanti per lungo tempo ma perché su tutti i discorsi pende la spada di Damocle del contenzioso con Autostrade per cui si attende a breve la sentenza della Cassazione. La vicenda è legata all’esproprio di alcuni terreni per la realizzazione della terza corsia dell’A14 e della complanare e al loro indennizzo da 22 milioni di euro già incassati dall’ente senigalliese. «Se soccombente – spiega l’avvocato Canafoglia – l’ente dovrà versare 14/15 milioni di euro, mentre se vittoriosa dovrà comunque restituirne 6 milioni salvo rideterminazione della Corte di Appello». Dato che al momento l’ente dispone di soli 8,5 milioni di euro in cassa o in investimenti, si capisce la gravità della situazione.
A oggi, spiega Canafoglia, «la fondazione non ha raggiunto una condizione finanziario-patrimoniale sicura». La gestione discutibile di beni e risorse protratta per anni, le «pesanti perdite nei bilanci annuali» derivanti dagli alti costi della residenza protetta con passivi anche di oltre 2 milioni di euro (senza contare gli ammortamenti), avrebbero portato «l’ente a erodere le liquidità derivanti dall’indennità dell’esproprio dell’Autostrada per far fronte ai fabbisogni quotidiani». «L’esercizio 2022 si chiude con una perdita di bilancio di € 369.494 per cui, al netto degli ammortamenti post 2012 (€ 372.962,24), il risultato di bilancio effettivo per il 2022 si attesta con un utile di € 3.468,24».
Per raggiungere questo primo risultato si è dovuto lavorare innanzitutto sulla gestione, fino a ieri antieconomica, della residenza protetta disposta su due palazzine (quella nord da 42 posti e quella sud 17 da posti). «È come se avessimo un albergo che eroga servizi da 5 stelle dislocato su 2 edifici distanti tra loro ad un prezzo richiesto all’utente finale prossimo ad un 3 stelle» semplifica Canafoglia. Per diminuire le uscite si è lavorato sull’«esubero» dei dipendenti, alcuni non necessari alle esigenze dell’ente, e sulla palazzina sud, chiusa riorganizzando i servizi nell’altro edificio: dalla riorganizzazione dei lavoratori rimasti e dal mancato ricorso a cooperative esterne (per un costo medio annuo stimato sui 200 mila euro) è stato possibile «interrompere la continua emorragia di risorse finanziarie». All’orizzonte si profila un piano – ancora da approvare dalle autorità competenti – che prevede l’utilizzo dell’edificio nord come ospedale di comunità con 40 posti adibiti a cure intermedie e quello sud come Casa della Comunità, in collaborazione con la fondazione Opera Pia Mastai Ferretti.
Verrà anche alienato il patrimonio della fondazione inserito nel progetto Orti del vescovo: l’ente uscirà così dall’intervento edilizio (a oggi ancora fermo) per la realizzazione di numerosi appartamenti e negozi in centro storico, riqualificando l’ultima parte di via Portici Ercolani e via delle Caserme. La partecipazione era stata stimata nel 2011 in circa 1,3 milioni di euro, ma la quota è via via cresciuta fino a oltre 3,7 mln € e, «oggi rappresenta un’incognita estremamente pericolosa per l’Ente».
Sotto la lente d’ingrandimento ci sono anche l’acquisizione di immobili «assolutamente non strategici alla mission della fondazione», tra cui il palazzo del Musinf; la questione del nuovo monoblocco ospedaliero, costruito su un’area di proprietà della fondazione che vi paga l’imu (oltre 36mila euro nel 2023) nonostante l’azienda sanitaria non versi nulla come affitto né voglia acquistare la porzione di terreno; i contributi, gli straordinari e i premi di produzione non versati al personale che non ha goduto nemmeno di migliaia di ore di ferie maturate; la vicenda della cucina (comprata e poi sparita) e del relativo servizio sovrastimato per le reali esigenze della fondazione, oggi poi esternalizzato; la questione delle aree edificabili di proprietà dell’ente, «soggette a complesse situazioni che ne limitano la loro potenzialità edificatoria», quando non a vera e propria «svalutazione». Tra le altre misure per risanare l’ente ci sono la rotazione degli incarichi e delle consulenze, le gare per affidare i servizi e gli appalti che portano a risparmi, oltre una maggior trasparenza amministrativa dato che è in corso pure un accertamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ma a tal proposito vige il massimo riserbo.
Su tutta questa situazione si inserisce l’intervento del consigliere Campanile: l’ex assessore aveva paventato la chiusura della residenza protetta e definito l’ente una «polveriera». «Le parole del consigliere Campanile sono infondate – spiega Canafoglia – gettano discredito sull’ente e sul lavoro dei dipendenti che ogni giorno si impegnano per dare un servizio qualitativo elevato agli ospiti e creano preoccupazione ai familiari degli ospiti». Tante le chiamate per avere rassicurazioni in tal senso e all’orizzonte si profilano azioni legali contro l’esponente della minoranza senigalliese. La fondazione Città di Senigallia oggi ospita 42 anziani nella palazzina nord, mentre in quella sud vi sono alcuni cittadini alluvionati assieme a un senigalliese che ha avuto la casa danneggiata da un incendio. Nello stesso edificio si svolgono anche le attività di 15 disabili psichiatrici che da anni venivano ospitati in un immobile dichiarato da Canafoglia «fatiscente e inagibile».