L’Annunciazione che unisce Loreto, Roma e Ostra Vetere
Lasciamo oggi il territorio della Diocesi di Senigallia per spostarci a Loreto e più precisamente all’interno della Basilica della Santa Casa. Qui è infatti conservata, nella Cappella della famiglia della Rovere, la copia in mosaico dell’Annunciazione di Federico Barocci (fig. 1), artista urbinate attivo anche nella città di Senigallia, dove ritroviamo la Madonna del Rosario, esposta presso la Pinacoteca Diocesana d’Arte Sacra, e la Sepoltura di Cristo, collocata nell’altare maggiore della Chiesa della Croce.
Il mosaico, che oggi troviamo a Loreto, è una copia accurata del dipinto (fig. 2) che Francesco Maria II della Rovere, ultimo discendente diretto di Giovanni della Rovere, Signore di Senigallia, fece eseguire tra il 1582 e il 1584 a Federico Barocci per la Cappella dei Duchi d’Urbino nella Basilica lauretana.
La riproduzione in mosaico, che è attualmente lì collocata, è invece datata al 1781.
L’opera originale, dal 1820 conservata presso la Pinacoteca Vaticana, venne trafugata nel 1797 dalle truppe napoleoniche durante la Campagna d’Italia guidata dal generale Bonaparte e recuperata soltanto nel 1815, a seguito della caduta di Napoleone, da Antonio Canova, inviato in Francia, in rappresentanza dello Stato Pontificio, per ottenere la restituzione delle opere sottratte dall’imperatore.
La pala d’altare del Barocci, un olio su tavola trasportato su tela alto circa 2 metri e mezzo, è in parte rovinata nell’area inferiore del dipinto, ma questa è facilmente ricostruibile grazie, oltre che al mosaico di Loreto, anche di una copia antecedente al 1635 (fig. 3) conservata presso il Museo Civico Parrocchiale di Ostra Vetere. La versione di Ostra Vetere, che vede l’aggiunta, mancante nell’originale, del Padre Eterno circondato da putti e cherubini e della colomba, simbolo dello Spirito Santo, rientra nel novero di quelle opere realizzate dagli allievi o dai collaboratori della Bottega di Federico Barocci con l’utilizzo dei cartoni e dei disegni del maestro.
L’opera ci racconta il momento in cui l’arcangelo Gabriele annuncia a Maria il concepimento verginale e la nascita verginale di Gesù. L’evento religioso domina l’intera composizione. Al centro della scena troviamo Maria che, probabilmente colta di sorpresa, getta con la sinistra, sul tavolo alle proprie spalle, il libro che stava leggendo, mentre istintivamente porta al petto la mano destra. Lo sguardo sembra invece rivolto al giglio, simbolo della purezza immacolata della Vergine, che l’arcangelo, inginocchiato, stringe in omaggio nella mano sinistra, mentre tende la destra verso la donna.
Entrambi i soggetti, resi con grande semplicità, sono immersi in una luminosità diffusa e pervasi da un’atmosfera familiare e idilliaca. L’idea della casa e del sogno ritornano anche nella figura del gatto che, in basso a sinistra, continua a dormire noncurante di ciò che sta avvenendo all’interno della stanza.
Sullo sfondo dell’opera un’apertura ci lascia intravedere una veduta del Palazzo Ducale di Urbino, elemento che torna molto spesso nei dipinti del Barocci a sottolineare il forte legame tra il maestro e la sua Urbino.
Marco Pettinari