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La pandemia in Africa, i paradossi italiani

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P. Matteo Pettinari, chiaravallese missionario della Consolata in Costa d’Avorio, ci racconta la situazione pandemica in Africa e come sta vivendo quella italiana.

Da molti anni ti trovi in Africa come missionario: com’è la situazione pandemica dove ti trovi in questo momento e che idea ti sei fatto della situazione in Italia?

Vivo e realizzo la mia vocazione missionaria ‘ad gentes’ in Costa d’Avorio e precisamente a Dianra, nella regione del Béré, nel Nord del paese. Nei mesi del primo lockdown italiano (marzo-maggio 2020) ero pienamente coinvolto nel lavoro di sensibilizzazione della popolazione e dei fedeli della nostra missione come anche degli operatori del nostro centro sanitario ‘Giuseppe Allamano’ di cui sono l’amministratore. Abbiamo visitato capillarmente i villaggi dell’aria sanitaria a noi affidata (11 villaggi per una popolazione di circa 10.500 abitanti) organizzando degli incontri con l’équipe del centro (infermieri, ostetriche ed Ooss sotto la supervisione del medico ed in piena sinergia con le autorità sanitarie del Distretto). Noi missionari – i padri Ariel, Raphael ed io – ci siamo impegnati insieme, con ogni mezzo, per far arrivare le informazioni anche a tutte le comunità cristiane della nostra ben più vasta missione che comprende oltre 3.000 km2. La buona notizia da questo punto di vista è stata che, dopo il primo caso di Covid registrato l’11 marzo, grazie ad una molteplicità di fattori, il contagio non si è affatto diffuso nella misura temuta: ad oggi la Costa d’Avorio conta soltanto 22.963 casi testati positivi e 138 morti. Questi dati si spiegano non tanto per la mancanza di test alla portata di tutti (e quindi i dati forniti si allontanano sempre dalla realtà…), ma soprattutto per due altri motivi: l’età media della popolazione (18 anni, con un’aspettativa di vita di non oltre 57!) ed i tipi di anticorpi di cui è dotato chi convive con malaria ed altre patologie sconosciute all’Occidente.

Purtroppo, ciò che non risulta essere drammatico da una prima accoglienza di questi dati, lo sarà in maniera ben più tragica per la Costa d’Avorio e tutta l’Africa subsahariana in termini di conseguenze del Covid-19. Infatti, in questi mesi la frequentazione dei centri sanitari si è ridotta del 50% circa, le campagne vaccinali ordinarie per altre pandemie finora debellate si sono praticamente arrestate sia per la difficoltà o impossibilità di muoversi come anche per l’accresciuta diffidenza nei confronti delle stesse da parte della popolazione. A livello economico, devastanti sono state le misure di confinamento come anche la chiusura di porti e frontiere: non bisogna infatti dimenticare che l’economia della Costa d’Avorio vive dell’esportazione di di cacao e anacardio di cui è il primo produttore mondiale, ma anche di cotone, caffè, caucciù, ecc. Sicuramente assisteremo ad un aumento della malnutrizione infantile e non solo, ad una crescita della mortalità materna e neonatale già a tassi drammatici, senza dimenticare tutte quelle realtà di precarietà lavorativa e di economia informale che aumenteranno in maniera esponenziale in un contesto già provato nel 2020 appena concluso da una situazione di accresciuta tensione sociale e politica per le elezioni presidenziali appena svoltesi in condizioni a dir poco critiche.

Della situazione italiana mi colpisce la divisione politica tra opposizioni e coalizione governativa incapaci di trovare una sintesi per il Bene Comune. Ecco, quest’ultimo – in termini di orizzonti a breve come anche a lungo termine – mi appare il grande assente. Trovo inconcepibile il non saper superare le ideologie e gli interessi di parte neanche davanti ad una pandemia. Mi rattrista la mancanza della Politica e di ars governativa. Come anche la superficialità sempre più diffusa. In questo senso, mi fa molto male il fatto che nessuno dei media italiani più alla portata di tutti parli dell’Africa. Per informarmi sul continente nero devo affidarmi a siti stranieri oppure a fonti missionarie e comunque “di nicchia”. L’ “italiano medio” (passatemi questa espressione) è spesso ignaro di quel che succede nel resto del mondo, ed in modo particolare è un analfabeta della situazione africana. Evidentemente, questo fa sì che ogni dibattito sull’immigrazione sia inevitabilmente privo di contenuti e completamente scisso dalla realtà. In ultima analisi mi addolora in maniera profonda tutto quanto posso riassumere nella mentalità ‘no vax’ o complottista nei riguardi della ricerca e della scienza. Forse non potete neanche immaginare in che misura noi missionari paghiamo sulla nostra pelle, insieme alla nostra gente, le derive distruttive delle logiche di profitto delle case farmaceutiche. Un mondo diabolico (fidatevi, non esagero). Ciò, però, non giustifica in nessuna maniera il fatto che si metta in dubbio la bontà dei vaccini e della ricerca. A volte vorrei gridare quando ascolto certi discorsi perché chi li pronuncia non sa di cosa parla e non si rende conto di quali conseguenze le nostre diffidenze abbiano poi sulla popolazione africana la quale – forte anche delle idee dei ‘no vax’ – si allontana ulteriormente dai vaccini (e non certo dal vaccino del Covid che conoscerà non sappiamo quando, ma da tutti gli altri!). Per favore, se volete fare un regalo a chi muore in altri continenti perché ignoranza e povertà impediscono un qualsiasi vaccino, vaccinatevi. Se aveste visto mamme e neonati morire di non-vaccinazione, pensereste sicuramente in altro modo. E se proprio non siete convinti per voi, fatelo per dovere di giustizia nei confronti dei poveri della terra.

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