In Pinacoteca la Sant’Anna con la Vergine Bambina del pittore tedesco Johann Friedrich Overbeck
Sant’Anna, la madre della Vergine Maria citata nel Protovangelo di San Giacomo (un vangelo apocrifo del II secolo), è una figura cristiana importante, ripresa nell’arte sacra da tantissimi pittori.
Di particolare interesse è il dipinto conservato all’interno della Pinacoteca Diocesana di Senigallia, raffigurante Sant’Anna che educa la Vergine Bambina, del pittore tedesco Johann Friedrich Overbeck, risalente al XIX secolo (probabilmente realizzato tra 1850 e il 1874), che è stato recentemente oggetto di restauro grazie al contributo del Gruppo FAI di Senigallia.
L’opera, un olio su tela di piccole dimensioni (126×60 cm), realizzato durante il periodo romano, ci mostra la figura di Sant’Anna che educa alla lettura la figlia Maria, avuta in età ormai anziana.
La fanciulla, in abiti bianchi, simbolo di purezza, pone la sua concentrazione sul libro che la madre l’aiuta a reggere e poggia l’indice della mano destra sulla riga del testo che sta leggendo.
Sant’Anna invece rivolge lo sguardo verso chi osserva l’opera e i suoi occhi sembrano seguire il visitatore per tutta la sala in cui il dipinto è collocato. Questa caratteristica dell’opera, che prende il nome di “effetto Monna Lisa”, secondo uno studio dell’Università tedesca di Bielefeld, avviene maggiormente quando la figura ritratta guarda dritto, ovvero con un angolo di 0 gradi, ma lo stesso effetto può verificarsi anche con uno sguardo leggermente laterale, fino a circa 5 gradi.
La tela, il cui contenuto ci riporta al culto di Sant’Anna e a come questo sia nato e si sia diffuso inizialmente in Oriente prima di espandersi in Occidente in seguito alla traslazione delle reliquie della Santa durante il periodo delle Crociate, suscita un particolare interesse per lo stile pittorico scelto dall’artista rispetto al periodo storico in cui è stata realizzata.
L’Overbeck, infatti, raggiunta la convinzione che Vienna, la città che lo accolse per i suoi studi accademici una volta lasciata Lubecca, avesse in un qualche modo corrotto la purezza originaria dell’arte cristiana, decise di prendere a modello i pittori italiani precedenti a Raffaello e quindi si trasferì, una volta espulso per le sue idee dall’Accademia di Belle Arti di Vienna, a Roma nel 1810, dove dipinse poi l’opera in questione.
Qui, nella città eterna, l’Overbeck, assieme ad altri suoi colleghi pittori, ottenne, grazie al direttore dell’Accademia di Francia a Roma, di alloggiare presso il monastero di Sant’Isidoro, dove successivamente fu fondato il movimento artistico dei “Nazareni”. Il nome venne dato a questo gruppo di pittori romantici tedeschi dall’artista austriaco-tedesco Joseph Anton Koch per la loro attrazione verso il Cattolicesimo, per il modello di vita monastica che seguivano e per la grande cappa e i lunghi capelli.
Per quanto riguardava invece il contenuto delle opere realizzate e lo stile artistico a cui avevano deciso di tendere, il gruppo rifiutava tutto ciò che riguardasse l’antichità poiché pagano, quindi erano esclusi i soggetti mitologici, non trattavano il Rinascimento perché falso e non erano interessati agli eventi storici a loro contemporanei; si basavano soltanto sui temi legati all’Antico e al Nuovo Testamento, oppure alle vite dei santi, ovviamente promuovendo la riscoperta degli artisti quattrocenteschi italiani come il Perugino, il Pinturicchio, il Beato Angelico, Filippo Lippi, Luca Signorelli e soprattutto il primo Raffaello.
Nel caso della “Sant’Anna che educa la Vergine Bambina” è senza dubbio forte il richiamo al Perugino, che ritroviamo nel volto di Sant’Anna, nel panneggio, ovvero nel modo di disporre le masse e le pieghe delle vesti, nell’architettura presente all’interno del dipinto e nell’albero dal fusto lungo e sottile che compare alla sinistra dei personaggi raffigurati.
Marco Pettinari