Il museo che incontra le persone
Seconda puntata dell’intervista esclusiva a Luigi Gallo, nuovo direttore della Galleria nazionale delle Marche di Urbino.
Una sfida sempre più attuale è la ‘democraticità’ dell’accesso all’arte, in ogni sua dimensione. Quali pensa che siano i passi da compiere per rendere l’arte più fruibile, più nutriente per tutti?
Mi permetto di partire dal mio percorso biografico. Sono un ricercatore, ho cominciato con gli studi universitari in Italia e in Francia, alla Sorbona di Parigi. Poi ho proseguito come curatore di mostre e quindi nella ricerca, sfociata in un dottorato, in diverse edizioni, libri e pubblicazioni. Tutto ciò è diventato la spinta che mi ha portato verso le mostre, l’organizzazione e la curatela di esposizioni e proprio in questa dimensione è emersa forte la domanda di come parlare alla gente, come far parlare le opere d’arte con il pubblico: credo che nell’essere alla guida di un museo questa domanda sia centrale! Bisogna che le opere d’arte parlino e che raccontino storie diverse, con percorsi tematici molteplici, non soltanto con il criterio della storia dell’arte. Ad esempio, non bisognerà soltanto dire “prima c’è Signorelli, poi Raffaello e poi Barocci…”: questa è una struttura del pensiero, una specifica modalità di narrazione, ma ne esistono altre. Bisognerebbe raccontare il perché di certe opere, dove sono, perché alcuni artisti hanno voluto realizzarle, quali vite le hanno ispirate, perché sono state composte in un certo modo anziché in un altro. Bisognerebbe raccontare alcuni argomenti e quindi immaginare nel museo delle sale che affrontino temi. In questa prospettiva abbiamo intrapreso un progetto di riordino – non riallestimento, perché trovo che nella parola allestimento c’è forse una sorta di ‘violenza’ alle opere d’arte che vorrei evitare. Vorrei intervenire in maniera puntuale e molto sobria all’interno di questo museo, creando dei nuclei tematici che possano anche approfondire e stimolare l’osservazione di chi viene a visitare il Palazzo. Nel frattempo è fondamentale intervenire anche sulla carne viva del museo e quindi speriamo di riuscire a cominciare portare a termine una nuova illuminazione dell’edificio e quindi anche una maggiore accessibilità e visibilità delle opere d’arte.
Prima di ritornare a calpestare anche fisicamente i luoghi che custodiscono così tanta bellezza, cosa avete in cantiere?
Siamo sempre al lavoro, alternando la modalità smart a quella in presenza; io personalmente sono quasi sempre qui anche perché mi sono letteralmente innamorato del palazzo e tirarmi fuori è difficilissimo. Stiamo progettando alcune mostre, una in particolare per il 2022, in occasione del centenario di Federico da Montefeltro e poi quella che chiuderà il mio mandato nel 2024, su Federico Barocci; ci stiamo concentrando su nuovi contenuti attraverso una nuova comunicazione che prevede una serie di video, utilizzando le nostre risorse interne – abbiamo la fortuna di avere bravissimi giovani funzionari e soprattutto un regista in casa, autore di un lungometraggio, Claudio Ripalti che lavora in Galleria – grazie ai quali stiamo realizzando una cospicua produzione che verrà resa pubblica nei prossimi giorni, dedicata ad alcune opere. Abbiamo progettato una serie di passeggiate tematiche all’interno del museo: per il prossimo 8 dicembre ne proporremo una sulla figura di Maria.; io mi occuperò di una serie di brevi documentari di 4 minuti l’uno sui direttori della Galleria, Lionello Venturi, Pasquale Rotondi, Paolo Dal Poggetto e di tutte le grandi personalità che mi hanno preceduto. E vorremmo cercare di raccontare il museo andando nel laboratorio di restauro e facendo vedere che cos’è la vita all’interno del Palazzo Ducale in questo momento in cui siamo chiusi all’esterno ma attivissimi all’interno, quasi come una conchiglia che custodisce perle tutte da scoprire. Aprire il museo per far entrare le persone, ma anche per uscire noi stessi ed incontrare più gente possibile e con diverse modalità.
a cura di Laura Mandolini
(seconda parte – fine)