La guerra in Ucraina e la cura dei fedeli dovuti scappare in Italia
Tra i riflessi della guerra che ha investito l’Ucraina non c’è solo la fuga di tante persone ma anche il dover riorganizzare enti e servizi. E lo stesso ha fatto e sta facendo la Chiesa greco-cattolica ucraina che si è adoperata per poter garantire una presenza e cura spirituale alle persone ucraine che vivono qui in Italia.
In realtà la decisione di istituire un Esarcato Apostolico per i cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia è stata annunciata da Papa Francesco nel 2019: questa unità territoriale ecclesiastica copre l’intera Italia, con circa 70.000 fedeli riuniti in 146 comunità. Una è quella di Senigallia ed è seguita a livello spirituale da don Pavlo Zavysliak (a sinistra nella fotografia con il vescovo della Diocesi di Senigallia mons. Franco Manenti). Al sacerdote 27enne abbiamo rivolto qualche domanda.
«Il mio servizio pastorale nella Diocesi di Senigallia consiste nell’assicurare l’adeguata cura spirituale ai fedeli cattolici ucraini di rito bizantino presenti sul territorio. Di solito, i fedeli ucraini si riuniscono per la preghiera e gli incontri nei templi della Chiesa italiana. Siamo stati calorosamente accolti dai vescovi e dai sacerdoti italiani, e siamo molto grati a mons. Franco Manenti, vescovo di Senigallia e a mons. Andrea Andreozzi, vescovo di Fano e in loro nome ai sacerdoti che ci offrono la loro disponibilità e ci aiutano a sentirci parte della famiglia della Chiesa Cattolica, alla quale appartiene anche la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. A Fano, ci riuniamo nella chiesa dell’Istituto Don Orione, mentre a Senigallia, fino a poco tempo fa, grazie a Padre Giuliano Grassi, la nostra comunità celebrava la Divina Liturgia (così viene chiamata la Santa Messa nel rito bizantino) due giovedì al mese nella Chiesa di San Martino dei Servi di Maria. Ora, poiché abbiamo la possibilità di celebrare l’Eucaristia ogni Domenica grazie alla generosa disponibilità di Don Paolo Gasperini, io risiedo nella Parrocchia di Santa Maria della Neve e per le celebrazioni ci riuniamo nella Chiesa del Portone».
Cosa significa poter garantire una presenza spirituale per le persone ucraine che vivono qui?
«Prima di tutto, significa stare vicino ed essere disponibile come presbitero. Con la presenza del sacerdote connazionale, i fedeli hanno la possibilità di ascoltare la Parola di Dio e vivere la loro fede nella propria lingua». «Posso affermare con certezza che tutti gli ucraini che vivono qui hanno parenti, amici o conoscenti coinvolti nel conflitto. Perciò, durante le celebrazioni liturgiche, preghiamo in modo particolare per coloro che sono in servizio militare e per la pace in Ucraina e nel mondo. È importante anche essere disponibili per l’ascolto empatico, che può fare una differenza significativa nella vita di chi sta affrontando la sfida di avere persone care in guerra. Insomma, in questo periodo oscuro per la nostra terra….»
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