Fine vita: la vicenda di Federico Carboni fa discutere Senigallia e l’Italia intera
La scelta di “Mario”, il nome che si era dato il senigalliese Federico Carboni per far conoscere la propria storia, ha suscitato varie reazioni a Senigallia. Molti i favorevoli, anche se non mancano i contrari né i dubbi sui limiti da inserire nella futura legge, per evitare abusi. Un percorso complesso, da troppo tempo al vaglio di una politica nazionale ancora senza risposte. Oltre al vescovo Franco Manenti, abbiamo sentito altri pareri.
L’ex sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi parla di battaglia vinta da Federico Carboni. A lui si deve, secondo il capogruppo regionale del Pd, «un immenso ringraziamento per il coraggio dimostrato in questi lunghi anni. Il suo caso, il primo in Italia di suicidio assistito, segna un profondo spartiacque per la storia del nostro Paese». Ma guardando alle Marche, «non è ammissibile, e forse neppure umano, che l’Asur Marche continui a violare sentenze emesse dai tribunali e a essere continuamente diffidata e denunciata da persone a cui il Comitato etico regionale ha confermato la sussistenza dei quattro requisiti indicati dalla sentenza della Corte costituzionale per accedere al suicidio assistito. È avvenuto in ben tre casi su tre e ciò non può non far pensare a una esplicita volontà politica».
Non contrario, ma solo a determinate condizioni, è Roberto Paradisi, noto avvocato ed ex consigliere comunale di Senigallia che precisa: «Quando leggo di realtà associative o individui che inneggiano alla morte ho i brividi lungo la schiena. Ho ravvisato l’assoluta inopportunità di alcune manifestazioni pubbliche o politiche sulla vicenda di Mario, perché per convinzione personale, sono sempre portato al silenzio non all’esultanza. Non sono contrario…
Continua a leggere sull’edizione digitale di giovedì 23 giugno, cliccando QUI.
Sostieni l’editoria locale, abbonati a La Voce Misena