Fine vita: più d’una domanda dopo la vicenda di “Mario”
«L’esito di questa vicenda, cioè l’auto somministrazione di un veleno da parte del paziente finalizzato alla morte con l’assistenza di personale sanitario, non è inaspettato, perché la nostra Corte costituzionale aveva già tracciato questo orizzonte, ovvero che un paziente di fronte ad alcuni requisiti stringenti definiti dalla stessa potesse autonomamente porre fine alla propria vita. In questo caso, i requisiti sono stati acclarati da un comitato del Servizio sanitario, ma quello che in Italia ancora oggi non è stato definito è un protocollo operativo e quindi in questi casi si va avanti da soli e le associazioni hanno proceduto a spese loro e con i loro mezzi».
A dirlo è Alberto Gambino, pro-rettore dell’Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita, commentando la vicenda di Federico Carboni, 44enne di Senigallia, conosciuto come Mario. È il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani.
Per Gambino quanto accaduto mostra due cose. La prima è che «la legge in discussione in Parlamento deve tenere conto della sentenza della Corte costituzionale che non obbliga…
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