Sanità pubblica: difficoltà e contraddizioni. INTERVISTA a Luca Santarelli (Rinasci Marche)
Di solito di sanità si parla esprimendo giudizi negativi o comunque con gradi di soddisfazione non particolarmente alti. Nonostante infatti l’abnegazione del poco personale ancora rimasto nel settore pubblico della sanità, le criticità di un sistema da aggiornare rimangono tali e i tagli nel corso degli anni alle risorse economiche non hanno fatto altro che aggravare il quadro. Così abbiamo pensato di parlarne con uno del settore: abbiamo scelto un infermiere e un esponente politico, due figure che si fondono in Luca Santarelli, professionista della clinica neurologica dell’azienda ospedaliera delle Marche ma anche consigliere regionale e presidente del gruppo Rinasci Marche – Civici e solidali.
Per ascoltare le sue parole basterà cliccare sul tasto play del lettore multimediale, mentre chi preferisce leggere potrà proseguire con il testo qui sotto. Ricordiamo che l’intervista va in onda lunedì 13 e martedì 14 maggio alle ore 13:10 e alle ore 20 su Radio Duomo Senigallia-InBlu (95.2 FM), e in replica anche domenica 19 alle ore 16:50.
Hai più volte affrontato i temi sanitari in consiglio regionale…
Sì, la situazione della sanità nel suo complesso non è ottimale, non solo per quanto riguarda la mia professione: posso affermare per la mia lunga esperienza che riguarda tutte le professionalità che operano in campo sanitario ma anche gli ausiliari, i tecnici. Siamo molto critici sulla dinamica di definanziamento del sistema pubblico. Servono nuove assunzioni, stabili, con contratti e adeguati alla dignità e al valore della professione. Borse lavoro, tirocini e flessibilità che poi si traduce in precarietà rendono le professioni sanitarie poco attrattive.
La carenza di personale è da anni al centro del dibattito ma le soluzioni adottate non sembrano aver prodotto i risultati sperati.
La chiave può essere limitare il ricorso ai professionisti presi all’estero o ai gettonisti o alle cooperative. Venti anni di tagli alla sanità e un tetto di spesa sempre più rigido, mentre si indirizzano risorse verso la sanità privata hanno prodotto certi effetti. Spesso c’è la necessità di strutture e professionisti sanitari dal mondo privato, ma dopo decenni di malagestione ora ci sono problemi radicati nel sistema.
E come ne usciamo ora?
Ormai siamo di fronte a un vero e proprio allarme: mancano centinaia di migliaia di figure professionali nel sistema sanitario nazionale e regionale. Spesso è anche difficile quantificare il fenomeno proprio per la precarietà delle persone assunte. Il definanziamento avviene a livello ministeriale, poi le regioni devono gestire quel poco che hanno. Ma ciò va ad impattare sull’assistenza agli utenti.
Che proposte avete avanzato?
Il rifinanziamento della sanità pubblica. Durante la pandemia sono state introdotte misure straordinarie, ma il personale è stato costretto a turni massacranti. Negli anni successivi i precari sono rimasti tali e ciò porta difficoltà su difficoltà. Gli operatori rischiano di non essere motivati nel lavoro di cura e assistenza al paziente. Anche sulle liste di attesa, la corte dei conti ha dichiarato che nelle Marche c’è un quadro insoddisfacente, con percentuali di recupero delle prestazioni sotto la media nazionale. Noi abbiamo fatto proposte che avrebbero portato benefici da questo punto di vista.
Perché ci sono tanti spazi per le prestazioni intramoenia (la libera professione intramuraria da parte degli operatori della sanità pubblica) se le liste di attesa sono lunghissime?
Il loro contratto lo prevede, dando possibilità di aumentare il proprio reddito in maniera lecita. Il tema è che il privato garantisce in questo momento certezza economica e condizioni migliori. Adesso la sanità pubblica è di serie B per il definanziamento prolungato negli anni. Un sistema da rivedere. I cittadini hanno il diritto a essere curati, a essere curati bene, non dico sotto casa ma almeno nel raggio di venti chilometri. Anche perché la popolazione è sempre più anziana.
E’ vero che le cooperative di medici risucchiano risorse pubbliche? Cioè la formazione è pubblica, la gavetta è pubblica ma poi il sistema pubblico si deve andare a comprare la prestazione sanitaria dal professionista che nel frattempo è passato al privato: cosa ne pensi?
Se n’è parlato tantissimo, è una vera emergenza perché le tariffe dei cosiddetti gettonisti sono quattro volte superiori ai medici del sistema sanitario nazionale. Nasce tutto dalle difficoltà dei pronto soccorsi, ma è chiaro che c’è un forte interesse economico. C’è chi prende l’aereo, viene qui, fa tre o quattro turni consecutivi e poi se ne ritorna a casa con un’indennità molto alta, lavorando al fianco di chi percepisce un quarto del loro stipendio. Non siamo d’accordo ma alla base c’è una mancata programmazione.
Com’è messa la sanità locale, mi riferisco a tutto il territorio diocesano?
E’ molto allarmante. Noi abbiamo presentato mozioni e interrogazioni, tra cui quelle per ripristinare a Senigallia alcune funzioni organizzative, perché altrimenti l’ospedale non è in grado di operare in piena efficienza e sicurezza, nella tutela sia dei pazienti che degli operatori o di chiunque riceva prestazioni. Ora sono squilibrate verso Jesi e Fabriano, ma le funzioni organizzative devono tornare in una città che triplica la popolazione d’estate: non avere la centralità dei servizi è penalizzante per il territorio. Per le aree interne, invece, notiamo un divario rispetto alla costa: per esempio ad Arcevia il prelievo lo puoi fare tre volte a settimana. Negli altri giorni ti devi recare a Senigallia, oltre 45 km di distanza, e in mezzo non c’è nemmeno una farmacia dei servizi che potrebbe risolvere qualche problema. E’ inaccettabile, da terzo mondo.
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