Difensore civico regionale: ‘Cinque anni per i diritti’
Andrea Nobili ha concluso il suo incarico di Garante regionale dei diritti della Persona, una figura istituzionale che deriva dall’esperienza dell’Ombudsman dei Paesi nordeuropei, presente nella maggioranza delle Regioni italiane ed in molte Province e Comuni con il nome e le funzioni di Difensore civico. Nelle Marche il Garante dei diritti si articola in tre uffici distinti e svolge, oltre alle funzioni di difensore civico, anche quelle di Garante per l’infanzia e l’adolescenza e di Garante dei diritti dei detenuti. Previsto con una legge regionale del 2008, nel tempo ha saputo ritagliarsi un ruolo significativo, anzitutto per tenere desta l’attenzione delle istituzioni e dei cittadini sui diritti reali delle persone, più che sulle dichiarazioni teoriche che li sanciscono.
Sono giunto alla conclusione del mio incarico di Garante regionale dei diritti della Persona: cinque anni vissuti molto intensamente,durante i quali ho cercato di fare del mio meglio per valorizzare l’istituzione,rilanciando un protagonismo sociale a tutela dei soggetti più vulnerabili. Ciò grazie a un lavoro di squadra, con tante persone serie e competenti che mi hanno affiancato, a partire da quelle che compongono lo staff dell’ufficio.
Preliminarmente, mi piace pensare di aver svolto i miei impegni rispettando il principio di autonomiadal decisore politico, che dovrebbe essere proprio di ogni Autorità indipendente.
Tornerò con piacere (anche se in teoria potrei essere confermato per un altro mandato)a tempo pieno, alla mia professione di avvocato, arricchito da una esperienza umana e professionale che mi consentirà di occuparmi dei temi che maggiormente ho seguito come Garante, nell’ambito del diritto di famiglia e del diritto penitenziario.
Tentando di fare una sorta di bilancio di questa stagione, vorrei prendere le mosse dalla scelta, da me fortemente voluta, di cambiare la denominazione dell’istituzione presieduta, la quale al momento del mio insediamento si chiamava Ufficio dell’Ombudsman, un appellativo tecnico di origine scandinava che, dalle nostre parti, oltre ad essere impronunciabile, trasmetteva nei cittadini una sensazione di distacco burocratico.
A differenza di ciò che accade nella maggior parte delle altre regioni, nelle Marche l’incarico aggrega più aree di competenza distinte: la difesa civica (in cui si iscrive anche l contrasto alle discriminazioni), la tutela dei diritti di bambini e degli adolescenti, l’impegno quale garante dei diritti dei detenuti.
Iniziando da quest’ultimo ambito ritengo che il lavoro svolto sia stato significativo, sia sul fronte del monitoraggio del “pianeta carcere”, con visite e colloqui diretti con le persone ristrette, che su quello delle iniziative e dei progetti. Ciò con la convinzione che il sistema penitenziario non sia una realtà staccata dalla nostra società, ma ne costituisca parte integrante. Credo che i numeri siano indicativi dell’attività messa in campo: oltre 200 visite e circa 1800 colloqui diretti con persone detenute.
Credo fermamente nel dettato costituzionale che assegna alla detenzione una finalità rieducativa e mi pongo in opposizione alla rappresentazione che una volta che una persona sia entrata in carcere “si devono buttare via le chiavi”. Confido nel fatto che chi mi subentrerà dia continuità ad una sensibilità che non può non caratterizzare la figura del Garante.
Moltissime sono state le iniziative realizzate, diverse delle quali centrate sul versante culturale, con la convinzione che ciò possa essere utile anche nella prospettiva di una crescita individuale protesa alla risocializzazione. Ma in particolare, sono due quelle che mi piace ricordare: il contributo dato alla realizzazione del Polo universitario nel carcere di Fossombrone e l’attivazione del Polo formativo-professionale nel carcere di Ancona-Barcaglione. Aggiungo la realizzazione di report annuali, fondamentali, per far conoscere la situazione delle carceri nella nostra regione.
La fase dell’emergenza sanitaria ha messo e mette a dura prova il sistema penitenziario; soprattutto nei mesi di marzo e aprile il mio impegno è stato costante nel facilitare il dialogo con i detenuti che hanno vissuto una, peraltro inevitabile, compressione dei loro diritti, risultata particolarmente afflittiva
Il territorio marchigiano ha le stesse criticità, forse in modo meno rilevante, diffuse nell’intero Paese: sovraffollamento, carenza di organico della Polizia Penitenziaria, presenza inadeguata di educatori, psicologi e di altre figure necessarie a dare concretizzazione alla cosiddetta attività “trattamentale”. Non penso di aver lasciato qualcosa in sospeso: piuttosto mi sarebbe piaciuto dare concretezza a nuovi progetti pilota legati ai diritti.
Laura Mandolini
fine prima parte