Covid hotel a Senigallia, seconda puntata
Ne avrebbero fatto volentieri a meno quelli della Caritas di Senigallia, ma la seconda ondata del Covid-19 ha rimesso in moto le solide competenze acquisite la scorsa primavera quando, in occasione dell’isolamento totale, l’organismo pastorale si era fatto carico di coordinare e gestire il primo Covid hotel delle Marche. Quell’esperienza, allora promossa e gestita completamente da privati e volontariato organizzato, è stata interpellata nuovamente in questo faticoso autunno, stavolta grazie ad un bando della Regione Marche (in particolare dalla Protezione civile regionale) al quale ha aderito la proprietà dell’albergo, che poi ha rimesso in moto tutta la filiera organizzativa. “Questa esigente e delicata accoglienza ha trovato di nuovo casa in questa stesso albergo – dice il vicedirettore della Caritas di Senigallia, Giovanni Bomprezzi – forti dell’esperienza precedente, quando avevamo ricevuto decine di richieste da parte di chi non aveva possibilità, per tanti motivi, di vivere in modo idoneo la propria quarantena: c’eravamo allora, ci siamo anche in questa occasione ”.
Il Covid hotel sarà a disposizione delle Marche settentrionali (province di Ancona e Pesaro-Urbino), dispone di 50 camere ed ospita malati di Covid-19 asintomatici o pazienti ormai in via di guarigione, dimessi dall’ospedale ma ancora positivi al virus. Il progetto prevede l’accoglienza gratuita degli ospiti, il coinvolgimento di otto operatori Caritas ed il costante monitoraggio sanitario, non solo istituzionale, anche grazie ad un gruppo di operatori (medici ed infermieri) che gravitano attorno all’Ambulatorio solidale ‘Paolo Simone’, altra struttura nata in seno alla Caritas senigalliese. Gabriele Pagliariccio è tra i promotori di questo ambulatorio e con i suoi colleghi si dà molto da fare: “In questo momento – dice – farsi prossimo di chi è ammalato di Covid-19 significa lavorare in questo hotel, offrire la propria professionalità per queste persone, rendere il percorso di uscita il più sereno possibile”. Con lui c’è un gruppo di volontari sanitari, professionalmente inseriti in varie strutture di cura del territorio, a servizio di questa medicina di prossimità nel tempo libero, durante le ferie, nei momenti di forte richiesta. Proprio pensando all’ambulatorio solidale, Pagliariccio denuncia come l’eccesso di allarmismo abbia troppo spesso portato la fascia di popolazione più povera a non recarsi più in quella struttura: “Le persone hanno paura di venire all’ambulatorio e questa lontananza la pagheremo; avremo più danni dalla mancata cura e prevenzione, specie per chi è più vulnerabile ed economicamente debole, piuttosto che dalla pandemia”.
Laura Mandolini