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Convegno Caritas diocesane: intervista al direttore di Caritas italiana, don Pagniello

Un “piano di corresponsabilità” tra Chiesa, società civile e istituzioni contro le povertà, la dispersione scolastica, il lavoro nero e tutte le mafie, “in cui la Caritas si fa facilitatrice, perché le sfide possiamo affrontarle solo insieme”. È l’idea lanciata da don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, a conclusione del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che ha riunito dal 17 al 20 aprile 2023 a Salerno 660 delegati da 173 diocesi.

Da questo convegno, ci sono buone prassi o provocazioni su cui riflettere?
La provocazione più grande che abbiamo sentito a Salerno è la possibilità di costruire comunità nuove includendo i poveri nei processi decisionali. I poveri vogliono fare la propria parte. Per noi è ridirci da cosa partire, ossia dall’inclusione sociale. Costruire comunità non può essere compito solo della Chiesa e il confronto con la società civile è fondamentale. Non pretendiamo che la politica ci capisca ma che ci ascolti.

Ad esempio?
Sui migranti, ad esempio, anche se gran parte degli italiani li percepisce come una minaccia, noi oggi diciamo con forza che il futuro si sta proponendo con forza alla nostra attualità. Il problema della denatalità o delle pensioni, senza il contributo dei migranti, non si risolveranno.

La vostra esperienza con le povertà può essere un grande contributo alle politiche. Vi sentite ascoltati dalle istituzioni?
Ci sentiamo ascoltati ma il problema è che poi non diventa adesione da parte loro. Noi portiamo proposte accompagnati da dati ed esperienze nei territori ma allo stesso tempo dobbiamo essere liberi dalle aspettative.

Al convegno è emerso il tema della dispersione scolastica, soprattutto al Sud: c’è un impegno particolare da sollecitare alle Caritas?
Non solo riparare ma cominciare a lavorare un po’ di più sulla prevenzione. Molte Caritas già lavorano tanto ma non è solo una questione di Chiesa. La dispersione scolastica va affrontata con una azione di sistema in cui ognuno deve fare la sua parte (scuole, associazioni, parrocchie, Caritas). Avere il coraggio di essere lievito e sale nei territori e avviare processi per costruire un patto educativo.

Si è parlato anche del patto educativo per l’area metropolitana di Napoli, che unisce diverse realtà. L’idea potrebbe essere riproposta a livello nazionale?
Sì, serve un patto educativo per tutta l’Italia e non solo per la dispersione scolastica, che io chiamerei patto di corresponsabilità in cui la Caritas si fa facilitatrice, perché le sfide possiamo affrontarle solo insieme. Perché oggi abbiamo una marea di slogan ma un vuoto di pensiero.  Non dobbiamo aver paura di dialogare e co-progettare insieme e poi come Caritas e Chiesa essere liberi di lasciar andare. La nostra responsabilità come Chiesa è di andare oltre i vari mondi, nella politica e nell’associazionismo. La vera sfida è ritrovarci e confrontarci per costruire. Il Reddito di cittadinanza, ad esempio, non è solo un problema di contributo al reddito ma di cultura. Poi c’è il tema del lavoro nero. Senza la cultura non se ne esce, altrimenti saremo sempre quelli che “mettono stampelle”. Noi non rinunciamo a dare da mangiare al povero ma vorremmo che i poveri abbiano la possibilità di diventare autonomi.

a cura di Patrizia Caiffa

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