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Il Consiglio di Stato dice “no” al piano cave provinciale, la cava a Monte S.Angelo di Arcevia rimane chiusa

L'area estrattiva di Monte Sant’Angelo, ad Arcevia
L'area estrattiva di Monte Sant’Angelo, ad Arcevia
L’area estrattiva di Monte Sant’Angelo, ad Arcevia

Completamente al sicuro da nuovi tentativi di utilizzare la cava, forse Arcevia non lo sarà mai. Per il momento, però, è stata messa una pietra tombale sul piano provinciale delle attività estrattive con cui l’ente dorico prevedeva la riattivazione del sito di Monte S.Angelo, dove avvenne il 4 maggio 1944 l’eccidio a opera dei nazifascisti che trucidarono anche civili inermi. Fatti di storia e celebrazioni annuali, il turismo legato al paesaggio e alla natura, iniziative culturali e artistiche che si promuovono in quei luoghi, dunque sono tutti fattori si intrecciano con le questioni ambientali, economiche e amministrative nel ricorso che il Comune di Arcevia ha presentato al Consiglio di Stato e vinto con sentenza resa nota proprio ieri, venerdì 12 maggio.

Nelle motivazioni i giudici romani tengono conto però soltanto della mancata revisione delle stime sul fabbisogno estrattivo contenute nel Ppae (piano provinciale attività estrattive)  e della mancata considerazione degli impatti cumulativi con altri siti limitrofi. Ma tanto basta per dare lo stop definitivo a quanto la Provincia di Ancona ha adottato nel 2021. E per il momento il sindaco di Arcevia Dario Perticaroli esulta perché gli sforzi sono stati ripagati. «Il “no” del Comune di Arcevia – ha riferito – non era detto a prescindere ma si fondava su analisi che ci dicevano che il piano provinciale delle attività estrattive era ormai fuori luogo e fuori tempo. Vi sono contenute stime errate sui fabbisogni estrattivi e non tenevano conto di altri bacini così come dell’impatto complessivo». Ma c’è di più.

Dal piano regionale del 2005 a quello provinciale del 2021 sono passati tanti, troppi anni. Il territorio e il tessuto economico arceviese sono cambiati: la crisi dell’edilizia poi estesa agli altri settori economici, la riconversione del territorio al turismo naturalistico e culturale; la memoria della Resistenza e della Liberazione, l’eccidio di Monte S. Angelo: questioni da tenere da conto per qualsiasi valutazione. Il territorio fu teatro di episodi che costituiscono l’identità collettiva e la memoria di una comunità. Da valorizzare ora e ancora di più nel futuro, nell’ottica del contrasto a quella continua rivisitazione e al negazionismo che hanno permeato anche alcuni ambienti politici e istituzionali. Anche l’Anpi nazionale era intervenuto sul tema.

La cava è tuttora sotto sequestro per la vicenda dei traffici illeciti di rifiuti speciali, scoppiata nel marzo 2020. Ci sono tonnellate di materiali che non dovrebbero esserci: rifiuti speciali da demolizione e terrosi, anche contaminati; plastiche e metalli; ma anche rifiuti organici che rischiano di inquinare un lago di falda limitrofo. Anche per questo è necessario un supplemento di tutele e valutazioni in più che il Consiglio di Stato ha espressamente richiamato. Per fortuna.

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