Cinquanta per cinque: incontriamo don Gesualdo Purziani
Cinque preti festeggiano quest’anno il loro cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale. Il 1971, infatti, seppur in date diverse, era stato particolarmente ricco di vocazioni e i ‘magnifici cinque’, nel tempo, hanno saputo donare alla nostra chiesa locale una presenza significativa. Forse perché il loro essere preti è iniziato in una stagione ecclesiale particolarmente vivace, il Concilio Vaticano II era finito da poco, la stessa identità sacerdotale tradizionale era stata fortemente interpellata dalle istanze sociali. E loro, ognuno con il proprio carattere, hanno vissuto con entusiasmo i primi passi di ministero. Abbiamo incontrato don Gesualdo Purziani.
Don Gesualdo, qual è il ‘grazie’ più convinto per questi cinquanta anni di sacerdozio?
Il mio ringraziamento al Signore è di avermi dato, in questi 50 anni, la possibilità di stare in mezzo alla gente, da sacerdote. E ho avuto la fortuna di vivere la mia giovinezza negli anni del Concilio, leggendo i documenti e i commenti nei quotidiani di allora. Erano tempi difficili per la fede ma, iniziando subito nell’Acr, specialmente nei 20 anni di campiscuola, ho trovato l’interesse dei ragazzi, delle famiglie e dei parroci, creando un forte legame alle parrocchie e alla diocesi. E con tanti anni da Insegnante di Religione e con la fortuna di aver vissuto sempre a Senigallia, ho avuto l’occasione di incontrare tante persone. Cercando di fare il prete, non facendo niente di speciale.
Perché la scelta di impegnarsi nella scuola, nella comunicazione, nel cinema?
Mi sono quasi trovato ‘costretto’ a portare avanti queste realtà, anche se naturalmente ho scelto con convizione di darmi da fare. Ho ripreso tutte quelle che stavano morendo e ho cercato di rianimarle, perché occasioni molto importanti di vita comunitaria. La Scuola San Vincenzo, allora con le suore vicino alle Acli, oggi in via Verdi, con una cooperativa di insegnanti per le nuove generazioni e incontro quotidiano con 100 famiglie che entrano nella nostra scuola. Il Cinema Gabbiano era chiuso. Allora con un gruppo di tecnici per molti mesi ci siamo messi a cercare il modo per riaprirlo e ci siamo riusciti. Perché il cinema è una occasione per far pensare, per vedere cose belle. E al cinema trovo tante persone che non vedo in chiesa. La Voce Misena e Radio Duomo, gli strumenti della diocesi, avevano bisogno di essere messi a nuovo. Ecco perché mi sono appassionato a queste possibilità in cui poter vivere in modo diverso, ma non meno importante, la bellezza del Vangelo.
Pellegrini su questa terra, come nei tanti viaggi: cosa portare in viaggio?
I viaggi aprono la mente e il cuore. E così, cominciando con i tanti viaggi in Terrasanta, centinaia di persone hanno incontrato il Gesù storico vissuto nella sua terra e ora leggono il Vangelo con altri occhi. Ma anche nei viaggi in altri paesi si trova tanta bellezza che ci fa bene: il mondo non finisce nel sagrato delle nostre parrocchie!
Un desiderio forte per la Chiesa universale e diocesana.
La Chiesa che ci propone Papa Francesco è quella che ogni giorno ci stimola a tornare alla radicalità del Vangelo. Ci siamo accorti che tante proposte, anche quelle che hanno arricchito il mio sacerdozio, non sono più proponibili allo stesso modo e allora bisogna proprio cambiare strada, trattenendo lo spirito più autentico e lasciando andare quanto invece appesantisce e non serve. Mi pare invece di vedere due estremi: una rigidità ed un bigottismo che hanno paura del mondo che cambia o dall’altra parte l’idea che tutto è inutile e quindi bisogna buttar via anche quanto ancora ha qualcosa di bello da offrire. Siamo nel tempo del cambio d’epoca, dice il papa e non è facile cambiare passo. Ma è tanto bello, quasi come il tempo del dopo Concilio nel quale è iniziata la mia esperienza sacerdotale, insieme ai miei amici che con me festeggiano questo bel traguardo.