L’amore ha trovato casa. Il Natale rivela la fonte dell’amore più autentico e credibile.
“Amor c’ha tutto amato amar perdona”.
L’evento del Natale ci porta dritti dentro il mistero dell’amore di Dio, di come Egli ci abbia amati da sempre e per primi e come il suo amore sia sconfinato e libero. Questo amore così folle e vero di Dio per l’umanità si concretizza nella realtà dell’incarnazione del Figlio Gesù che viene ad abitare in mezzo a noi e si fa uomo. In questo mistero di grazia possiamo cogliere un dinamismo d’amore che a noi spesso sfugge: si può amare con tutto se stessi senza perdere la propria identità, senza possedere l’altro o essere posseduti? Totalità e libertà possono convivere nell’amore autentico?
Purtroppo assistiamo ogni giorno ad episodi dove per un amore “presunto”, che rivela invece tossico e velenoso, si arriva a togliere la vita all’altro o a se stessi, si dice per “troppo amore”. Come può un sentimento che nasce genuino e vero trasformarsi in ossessione e colpa? Come mai tutti questi “malati d’amore”?
Se non torniamo alla sorgente dell’amore, che è Dio, difficilmente troveremo strade di sollievo e di giustizia ma solo scambio di colpe o cuori induriti dall’odio e del senso di vendetta. L’amore Trinitario ci insegna come poter amare con totalità senza annientare. Il Natale è questo: il Tutto dell’amore che si fa bambino indifeso e fragile; un’eccedenza di tenerezza che si fa silenzio e presenza. Il Signore ci ama fino a farsi uomo come noi ma non perdendo la sua divinità e ci permette così di accedere a questo tipo di amore che tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e non ci annienta, non ci cancella. Noi attraverso l’amore di Dio incarnato possiamo amare l’altro dando tutto noi stessi senza però perdere la nostra identità, e senza chiedere all’altro di perderla. “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17,23).
Nella mia vita di prete e di uomo mi è capitato di amare e di ferire e di ferirmi; mi è capitato di voler amare ma fare molta fatica a rispettare la libertà dell’altro, lasciarlo libero di ricambiare o meno, lasciare la libertà all’altro di essere se stesso, se stessa. E mi sono accorto che non potevo uscirne da solo da questo vicolo cieco perché o avrei scelto di smettere di amare (ma significa smettere di vivere), o avrei continuamente accusato me stesso o l’altro di non essere capace di farlo fino in fondo. Ecco perché il Natale è annuncio di salvezza, di liberazione: la fede nel Dio di Gesù Cristo è una fede liberante e salvifica perché Dio ama e lo fa con gioia e dona tutto se stesso senza chiedere nulla in cambio. Nouwen ci ricorda con queste parole che: “Siamo tutti persone ferite. Chi ci ferisce? Molto spesso coloro che amiamo e che ci amano. Quando ci sentiamo respinti, abbandonati, maltrattati, manipolati o violati, o quando lo facciamo noi agli altri, spesso questo coinvolge le persone che ci sono molto vicine: i genitori, gli amici, gli sposi, gli amanti, i figli, i vicini, gli insegnanti, i preti. Coloro che ci amano ci feriscono anche. È questa la tragedia della nostra vita, ed è questo che rende così difficile perdonare di cuore. È proprio il nostro cuore ad essere ferito. Esso grida: «Proprio tu, che credevo mi saresti stato vicino, mi hai abbandonato. Come potrò mai perdonarti per questo?». Il perdono sembra spesso impossibile, ma niente è impossibile a Dio. Il Dio che vive in noi ci darà la grazia di andare al di là del nostro io ferito per dire: «Nel nome di Dio sei perdonato».
Dio sceglie di nascere in una mangiatoia, lontano dai lussi e dalle comodità, lo fa per noi, per darci l’esempio, per ricordarci che ciascuno può essere raggiunto da questo amore, senza condizioni, senza privilegi. Accettiamo anche in questo Natale la sfida dell’amore, impariamo a crescere insieme, educhiamo i nostri figli ad amare con rispetto e libertà, con purezza e nella verità. Il Signore è l’Emmanuele, il “Dio con noi” e ci insegnerà tutto questo con tenerezza.
don Davide Barazzoni
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