Alluvione e lavori di messa in sicurezza: critiche su critiche
Non si placa il malcontento per come viene gestito il post alluvione a Senigallia e soprattutto nell’entroterra. Alcuni giorni fa, gli appartenenti a dei comitati e a delle associazioni di alluvionati del territorio si sono incontrati per fare il punto della situazione dopo il disastro del 15 settembre 2022. E il documento emerso è un atto di accusa verso la politica, ancora incapace di mettere concretamente in sicurezza il territorio.
Tra i nodi sollevati ci sono soprattutto la mancanza di un progetto organico di sistemazione delle vallate Misa e Nevola ma anche il rifacimento parziale di alcuni tratti di argini e sponde, con interventi giudicati persino dannosi per l’ambiente o fin troppo localizzati. C’è poi tutta la questione dei materiali legnosi e ghiaiosi lasciati ancora in alveo a 11 mesi dall’alluvione, mentre i primi ripascimenti effettuati in somma urgenza risultano già erosi dalle successive ondate di maltempo.
La situazione è rimasta poi praticamente la stessa rispetto a 11 mesi fa anche per quanto riguarda la viabilità e i ponti provinciali: molti sono ancora da rifare e alcuni persino ancora da progettare, nonostante i proclami di pronto intervento. Su quest’ultimo aspetto, poi, i comitati denunciano una disparità di trattamento tra l’area di senigallia e l’entroterra. Anche la politica aveva sollevato il tema, con i dem Dario Romano e Andrea Storoni che evidenziavano il mancato ruolo di “capofila” che Senigallia avrebbe dovuto tenere per dare rilievo anche al resto della vallata. Da qui l’accusa che alcuni comitati di alluvionati lanciano alle istituzioni: quella «scarsa volontà politica di risolvere concretamente il problema».
Infine il nodo della vasche di espansione: tra Brugnetto e Bettolelle vi è l’unica area in costruzione, ormai da più di un anno e che dovrebbe terminare entro l’anno il proprio intervento per poi procedere alla sua estensione. Sul progetto sono state riscontrate alcune criticità che gli alluvionati hanno sollevato in più d’una occasione, ma ancora senza risposta: in particolare, il restringimento dell’alveo da 80 a 16 metri; l’aumento della pressione e l’innalzamento del livello a monte del restringimento; gli argini del fiume Misa solo parzialmente rinforzati nella rottura dell’ansa a monte. Considerazioni che fanno temere un alto rischio che tale opera possa diventare una vera e propria fonte di pericolo per i cittadini residenti nella sua prossimità.
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