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Alluvione 2022, ridotto il numero di vasche di espansione: «La manutenzione costa». E i lavori vanno a rilento – L’INTERVISTA

Scritto da Carlo Leone il . Pubblicato in , .

Sono sufficienti quattro o cinque vasche di espansione, seppure ampliate nelle superfici e quindi nella quantità di acqua che è possibile stoccarvi all’interno, per evitare nuove alluvioni? La tempistica dei lavori è adeguata ai cambiamenti climatici in atto? Quale percentuale di indennizzi dei danni si può considerare opportuna dopo un terremoto o un’alluvione? Di tutto questo abbiamo parlato con il Comitato 15 Settembre, recentemente audito dalla commissione ambiente del Senato che sta per discutere di una legge quadro sugli eventi calamitosi. Abbiamo intervistato Mirko Guazzarotti, cittadino di Ostra alluvionato sia nel 2014 che nel 2022 e attualmente vicepresidente del comitato. L’intervista è in onda venerdì 28 giugno alle ore 20, sabato 29 alle ore 13:10 e alle ore 20 e infine domenica 30 a partire dalle 17:15, sempre su Radio Duomo Senigallia/In Blu (95.2 FM). L’audio è disponibile anche in questo articolo, cliccando sul lettore multimediale, mentre chi vorrà potrà proseguire con la lettura.

Ripercorriamo innanzitutto i lavori fatti: sono sufficienti?
Finora sono stati fatti i lavori in somma urgenza che hanno ripristinato l’alveo dei fiumi a com’erano nel 1925. Sono già efficaci perché in qualche modo hanno evitato nuove alluvioni della scorsa primavera, ma non sono sufficienti. Le università di Ancona, Camerino e Firenze hanno elaborato degli studi che sono confluiti nel nuovo piano d’assetto, che si basa su quello del 2016 ma che aggiunge alcune novità. 

Perché le vasche di espansione, che inizialmente erano una dozzina, ora sono state ridotte?
Pancaldo, Ponte Lucerta, Bettolelle, Casine verranno fatte, se ne aggiungeranno anche altre, come quella alla Marazzana, più verranno rifatti tutti i ponti.

E’ sufficiente?
Secondo noi sì, perché saranno ampliate, quindi conterranno più acqua di quanto inizialmente prospettato. Il problema è la manutenzione: meno vasche significa meno costi di gestione per il futuro, lì è il nodo. Attualmente sul fiume si stanno impegnando decine di enti diversi: dalla Regione alla struttura commissariale, dal consorzio di bonifica ai comuni, dalla provincia all’Anas fino ai privati. Abbiamo proposto di unificarli in un ufficio speciale per il fiume.

Ma c’è già un ufficio speciale per il fiume…
Sì ma non ha né personale né risorse, quindi ora è una scatola vuota che non serve a nulla.

La situazione è cambiata rispetto al 2014?
Dopo l’alluvione del 2014 non venne fatto granché, quasi nulla. Ora si stanno facendo dei lavori che hanno fatto venire fuori anche gli interventi fatti 50 anni fa, ma non basta: i detriti si accumulano continuamente e senza manutenzione si tornerà alla situazione del 2022, quando il fiume era ridotto ai minimi termini.

Quindi c’è comunque il rischio alluvione?
Il fiume è stato riportato alle condizioni di circa cento anni fa, ma servono le vasche di espansione, un lavoro sui fossi primari e secondari, cambiare le culture e tutto contribuirà ad allungare i tempi di corrivazione, mitigando realmente i rischi per la popolazione o comunque riducendo l’impatto di nuovi eventi alluvionali. Servono anche procedure più rapide per gli appalti, un po’ come per ponte Morandi. Qui dopo quasi due anni non s’è fatto ancora nulla dei lavori programmati. Siamo molto indietro.

E per l’allertamento della popolazione?
Anche qui non è stato fatto nulla. Il 15 settembre 2022, solo i cittadini di Senigallia sono stati avvisati. Esistono delle procedure vetuste, ma comunque c’erano gli idrometri che avrebbero dovuto comunicare i dati e qualunque tecnico avrebbe potuto leggerli e dare l’allarme. Quello di Serra de’ Conti segnava da 70 centimetri a 5 metri d’acqua in poche ore, ad Arcevia situazione simile, invece di dare l’allarme hanno chiamato i sindaci per chiedere loro di andare a verificare la situazione, mettendo a rischio la vita dei sindaci e degli operatori di protezione civile. It Alert è stato sperimentato una volta sola. E’ partito nel 2019 ed entro giugno 2022 doveva essere operativo. Nonostante la tragedia nostra e poi quella in Emilia Romagna, Toscana e altre zone, ancora non è attivo. Allora approfittiamo dei campanili che sono tutti elettrificati. Si potevano evitare 13 vittime.

E’ vero che il letto del fiume ora ripulito mette a repentaglio la popolazione?
No, perché se faccio passare la stessa quantità di acqua in un tubo stretto o largo, la velocità sarà diversa, minore nel caso del tubo largo. Viene comunque contenuta più acqua che è la prima vasca di espansione. 

C’è il problema degli argini a Senigallia che non si possono modificare…
Lì è il collo dell’imbuto, bisogna lavorare per non fare arrivare l’acqua a Senigallia, quindi fermarla prima, a monte, con le vasche di espansione. Che poi saranno utili anche in caso di siccità stoccando riserve per i periodi più caldi. Certo a Senigallia si deve fare manutenzione ed eliminare i pericoli e gli ostacoli, come il ponte II Giugno che è stato rifatto sbagliando.

Ci sono vedute diverse da parte dei vari territori e comuni?
Sì e non gioca a nostro favore. I 9 comuni coinvolti dall’alluvione hanno tutti le stesse necessità ma ognuno va avanti per conto suo, mentre dovrebbero unirsi per avere una voce più forte.

Queste istanze le avete sottoposte al Senato?
Sì, la commissione ambiente. Ci hanno chiesto delle osservazioni in vista di una legge quadro sulla ricostruzione dopo gli eventi calamitosi e sulla protezione civile.

Cosa avete riferito?
Abbiamo osservato che servono trattamenti economici uguali per tutti, senza differenze tra regioni o eventi. Devono essere incrementati i rimborsi per gli appartamenti alluvionati, portando il massimale da seimila a 18mila euro. Non è sufficiente ma è già più sostanzioso. Poi le automobili: finora sono arrivati circa 4mila euro di indennizzo, mentre niente per i ciclomotori e non è giusto. Anche cantine, garages e pertinenze sono state trattate diversamente se erano legate, quindi attaccate, all’abitazione principale oppure staccate: nel secondo caso non si percepiscono risarcimenti e non si sa in base a quale logica. Grida vendetta anche il fatto che tutti abbiamo sottoscritto inizialmente il modulo B1, firmando una dichiarazione con certi importi. In seguito sono state fatte perizie asseverate e spesso i danni erano molto maggiori, ma il risarcimento viene per legge legato alla cifra più bassa, anche se frutto della dichiarazione di una persona non esperta.

Con certi rimborsi non si riparte…
No, ovviamente no. E poi sono state escluse recinzioni, impianti elettrici esterni e tante altre cose, non lo troviamo giusto.

E ora?
Scriveremo a tutti i parlamentari marchigiani di qualunque colore politico per avere appoggio su queste richieste. Il territorio è stato pesantemente colpito e senza contributi veri ma anche senza la mitigazione del rischio non si riparte più. Anche le delocalizzazioni servono perché molti non riescono a investire su una casa alluvionata due volte.

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