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Accogliere, nel tempo della pandemia

Il centro d'ascolto e accoglienza della Caritas a Senigallia
L’ingresso del Centro di solidarietà ‘B. Palazzolo’ a Senigallia

Dopo la fase uno del lockdown, in cui il Centro di solidarietà ha bloccato gli ingressi per mantenere la massima attenzione sugli ospiti interni, alcuni con importanti patologie pregresse, Caritas Senigallia sta progettando la fase due. Se il Centro è stato tra le prime strutture a chiudere, è ora tra le prime a interrogarsi su come andare incontro alla crescente necessità della popolazione di sostegno economico e all’aggravarsi della crisi.

Come primo step ci sarà la riorganizzazione del Centro di ascolto, da sempre il passaggio chiave per poter ascoltare i bisogni e offrire proposte: sarà fisicamente strutturato in modo da riprendere l’attività fin dai primi di maggio nella massima sicurezza, probabilmente con uno sportello dotato di vetro divisorio. Riprendendo l’ascolto delle persone si potrà comprendere quanto questo periodo ha gravato sull’economia familiare delle persone, aumentare i servizi di aiuto e seguire da vicino le famiglie più in difficoltà. Il secondo passaggio sarà quello di riavviare i servizi del Centro, ovviamente incrementando i pacchi viveri e alimenti, che si sono erogati in modo continuativo e stabile in queste settimane, ma anche docce e mensa: al vaglio i modi migliori per renderli accessibili in sicurezza e nel rispetto delle distanze. L’ultimo servizio che verrà aperto sarà l’accoglienza e quindi il dormitorio.

A Casa San Benedetto, dove trovano rifugio donne con figli vittime di violenza accolte a Senigallia grazie a Caritas e SPRAR,oltre al supporto costante dei nostri operatori, fino a qualche tempo fa c’è stato ancheil sostegno concreto dei giovani della vita comunitaria. In tempi di Coronavirus questa vicinanza è stata fondamentale per preservare le mamme da possibili contagi e per istruirle al meglio sulle norme indicate dal governo.

Grazie ad alcun operatori, tutte le ragazze nigeriane sono state adeguatamente informate attraverso video e audio nella loro lingua sulle regole da rispettare per contenere il rischio di contagio. Molte di loro hanno malattie croniche o sono psicologicamente molto fragili, quindi era nostra intenzione proteggerle il più possibile da esposizioni al rischio. Vivendo poi nella stessa struttura, insieme ai bambini, era importante tenerle al sicuro: e qui sono entrati in gioco i ragazzi della comunità. Per loro hanno fatto la spesa, comprato i medicinali o sbrigato faccende,bussando alla porta ogni mattina, foglietto in mano, per la lista dei bisogni. Alcuni ragazzi, quelli che lavorano, sono tornatiimmediatamente a vivere a casa loro proprio per escludere la possibilità di portare, involontariamente, il virus nella casa.

Nel pomeriggio il ruolo di questi ragazzi è stato ancora più importante perché grazie a loro i bambini in età scolare sono rimasti al passo con la didattica a distanza organizzata dalla scuola. Sappiamo bene che riuscire a portare avanti il programma scolastico è una delle principali difficoltà per i bambini conuna famiglia insufficientemente istruita alle spalle, mentre i nostri piccoli sono stati entusiasti di avere dei maestri d’eccezione, che accendono computer, propongono i video delle maestre e approfondiscono le materie scolastiche, spesso insistendo sulle difficoltà ortografiche o linguistiche che molti piccoli ancora hanno.

Le mamme restano in casa, chi aveva un tirocinio è in attesa di riprendere l’attività di formazione, chi non aveva un lavoro spesso approfitta per conoscere meglio le altre mamme. La solidarietà che si è venuta a creare per colpa del Covid-19 è inaspettata. Qualche settimana fa è saltato il collegamento wi-fi della struttura e tutte le ragazze sono andate in crisi. Ma una di loro, grazie a una generosa compagnia telefonica che regalava Giga, ha posto il proprio cellulare come router disponibile a tutte. Un piccolo esempio di generosità, non così scontato.

C.M.

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