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L’abilismo, quella discriminazione che portiamo dentro di noi verso le persone con disabilità – INTERVISTA

Maria Chiara ed Elena Paolini

Cos’è l’abilismo? Come comprendere, riconoscere e contrastare questa forma di discriminazione verso le persone disabili? Quali comportamenti e quali linguaggi è più opportuno adottare? Sono queste alcune delle domande che abbiamo posto a Elena e a Maria Chiara Paolini, due sorelle di Senigallia, attiviste contro la discriminazione delle persone con disabilità. La nuova puntata di “Venti minuti da Leone” è in onda su Radio Duomo Senigallia, 95.2 FM, oggi venerdì 20 settembre, e domani, sabato 21, alle ore 13:10 e alle ore 20, con un’ulteriore replica domenica 22 a partire dalle ore 16:50. L’audio è disponibile anche in questo articolo, assieme a un estratto testuale dell’intervista.

Partiamo dalle basi: cos’è l’abilismo?
L’abilismo indica lo stigma e la discriminazione verso le persone disabili. Per intenderci, è il cugino meno conosciuto di oppressioni un po’ più note come il razzismo, il sessismo, l’omobi-transfobia. E’ l’oppressione sistemica verso le persone disabili. E’ tutto intorno a noi, nella struttura stessa della società. Come si manifesta? In tantissimi modi, tra i più noti ci sono le barriere architettoniche, quegli ostacoli alla mobilità per coloro che hanno disabilità fisiche. Ma ci sono anche disabilità meno note barriere sensoriali e all’informazione, che riguardano quindi le persone con disabilità sensoriali e intellettive. Poi ci sono quei comportamenti discriminatori e i pregiudizi, come il pensare che sia una condizione indesiderabile.

Questi comportamenti sono radicati in tutti noi?
Si, ci siamo immersi tutti quanti e tutti i giorni. C’è questa immagine della disabilità come una sorta di inferiorità, legata quindi anche a basse aspettative, a svalutazione delle persone, come se fossero meno persone di altre. Per questo il nostro primo libro si intitola “Mezze persone” (Ventura edizioni 2022). A tal punto che c’è chi si rivolge all’assistente anziché alla persona con disabilità, escludendola o svalutandola. Nei media c’è tutto un linguaggio inadeguato e i giornalisti potrebbero fare la loro parte, ad esempio sostituendo espressioni come “Costretto in carrozzina” con “usa la carrozzina”, quindi slegando la persona da quell’immaginario negativo che il termine “costretto” richiama. Poi ci sono espressioni di sofferenza o di sfortuna, anche qui da evitare, ma si parla pure di “madri coraggio” o di “eroi”, persino “angeli” per coloro che assistono le persone con disabilità. E’ un linguaggio tossico ed è pervasivo.

Anche “disabile” è una parola di cui contestate alcuni usi…
Quando è utilizzato come aggettivo, quindi “persona disabile”, è assolutamente adeguato e accettato dalla comunità disabile; sarebbe da evitare nell’utilizzo come sostantivo, perché è come dire “i gay”, “i neri”, eccetera. E’ importante non identificare una persona con una sua sola caratteristica, ma è altrettanto importante non ignorarla, come se fosse una caratteristica negativa. Altre volte si ricorre a perifrasi come “persona con problemi”, “persone speciali”, “diversamente abili”, ma sono termini che invece vogliono evitare la disabilità come se fosse un concetto offensivo.

Nel secondo libro che avete scritto, “Che brava che sei” (edizioni Laterza, 2023), parlate di otto storie di abilismo quotidiano…
Ogni capitolo si concentra su un aspetto della vita quotidiana: dalla scuola, istruzione e università a quello sulle relazioni; dalla burocrazia alle barriere architettoniche.

Fateci qualche esempio.
E’ capitato che un insegnante di italiano alle scuole medie, a Senigallia, andasse dalla mia assistente per chiedere se fossi intelligente.

Abitate a Senigallia: come è messa la città?
Molto di ciò che abbiamo detto è valido anche per Senigallia, che presenta molte barriere architettoniche ma anche molte sensoriali: tantissimi negozi e locali hanno gli scalini all’ingresso, non hanno segnaletiche per persone cieche o sorde. Per noi anche andare a lungomare è difficile: le rampette sono ripidissime e spesso dissestate. Ma non è che le altre città siano messe meglio. Però spesso noi ci ritroviamo lungo il corso a fare gli acquisti da fuori i negozi, d’estate e in inverno.

La percezione è cambiata?
Ci vuole tempo per il cambiamento e bisogna tenere alta l’attenzione perché è un attimo che un diritto acquisito ti venga tolto. Per esempio nelle Marche sta venendo un po’ smantellato il diritto ad avere tramite i fondi regionali un’assistenza personale per le persone disabili. E’ chiaro che venti anni fa era peggio, però pochi anni fa era meglio, a livello di risorse. A livello culturale, qualcosa sta cambiando: prima molti genitori rispondevano alle domande dei figli dicendo: “E’ una persona sfortunata”, oppure: “non guardare”, mentre adesso sentiamo più spesso i genitori dare una spiegazione neutra, come “E’ una persona che non può camminare quindi va in giro seduta”, oppure: “Ti piace la carrozzina? E’ bella?”.

Un primo passo positivo?
Sì, un passo importante non concettualizzare la disabilità come qualcosa di negativo. Per i bambini è solo un mezzo di trasporto diverso dal solito, mentre gli adulti dovrebbero cercare di non creare pregiudizi o stigmi nei bambini che poi magari se li portano dietro. Però siamo ancora in una fase di poca esposizione alle persone disabili proprio per barriere sociali e strutturali, tanto che per qualcuno è strano vederci in giro. C’è chi ci dice: “Mi dai tanta forza” solo perché ci vedono a fare spesa, come se dovessimo stare chiuse in casa. All’estero alcuni paesi sono più avanti e la disabilità è più normalizzata.

Oltre a un cambio culturale, serve una nuova narrazione?
Quella dominante è una narrazione abilista, mentre ci sono contronarrazioni delle persone direttamente interessate che però rimangono ancora tali, anche perché non si dà loro spazio. E ciò è legato anche alla politica istituzionale: nel momento in cui si valuta un certo tipo di vite, è anche normale che certe persone siano segregate in strutture. E’ un momento politico molto difficile per certe categorie di persone marginalizzate e le minoranze. I diritti delle persone sia sociali che civili non sono assolutamente il focus della politica.

Sabato 21 settembre Maria Chiara ed Elena Paolini saranno a Scapezzano di Senigallia per presentare i loro due libri – “Mezze persone” e “Che brava che sei”. Maggiori informazioni sull’evento, con apericena su prenotazione, si possono trovare qui. Altre info sul loro blog: Wittywheels.it.

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