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Brasile: la seconda grande corsa all’oro che distrugge gli indio Yanomami

“Siamo sull’orlo di un altro vero e proprio genocidio, in contemporanea con quella che può essere considerata la seconda grande ‘corsa all’oro’. Qui in Brasile le strade per evitare tutto questo sono già state percorse, senza esito, l’unica nostra speranza è la pressione internazionale”. L’appello arriva al Sir dallo Stato brasiliano del Roraima. La denuncia è di padre Corrado Delmonego, mantovano, missionario della Consolata, che da molti anni vive accanto agli indigeni Yanomami, nel loro territorio, lungo il fiume Catrimani. Un territorio sempre più inquinato, spogliato, devastato, assieme al popolo che lo abita, dai cercatori illegali d’oro, i cosiddetti garimpeiros, autori di attacchi armati e, secondo recenti segnalazioni, di violenze sessuali su donne e minori. Un allarme, il suo, che si aggiunge ai tantissimi giunti nelle ultime settimane da ong, organismi ecclesiali, associazioni indigene, mentre l’ultima denuncia, il 26 aprile, da parte dei leader indigeni, riguarda una dodicenne rapita, stuprata e uccisa.

Le denunce dei vescovi. Le parole più sentite, oltre che più recenti, sono quelle pronunciate a Boa Vista, sabato 23 aprile, da dom Mário Antonio Da Silva, il vescovo che in quell’occasione ha salutato il popolo di Roraima, dopo essere stato nominato arcivescovo di Cuiabá: “Ogni giorno arrivano notizie di ogni forma di abuso contro gli Yanomami – ha scritto -. Le immagini diffuse nel mondo dei social network e sulle tivù sono una vergogna per il nostro Paese e fanno sentire ai nostri cuori la sofferenza e la morte che gli Yanomami e la natura stanno vivendo. Un’altra forma di violenza, non meno crudele, è la distribuzione di armi e bevande che provocano conflitti tra gli indigeni. Mettere fratelli contro i fratelli è attualizzare il peccato di Caino e Abele”.

Bruno Desidera

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