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Senigallia: commercio al palo a causa di pandemia, guerra e rincari

Giacomo Bramucci
Giacomo Bramucci
Giacomo Bramucci

L’impatto della pandemia è stato devastante per l’economia locale. Mentre alcuni settori sono potuti andare avanti tenendo gli esercizi aperti – tutta l’area alimentare e sanitaria, per esempio, compresa la filiera produttiva e distributiva – altri hanno sofferto in maniera drammatica l’irrompere nelle nostre vite del covid: nell’ambito della moda, della ricettività, della ristorazione si sono avvertite forse le conseguenze più evidenti delle restrizioni che ancora oggi non cessano di produrre effetti negativi.

«Eravamo in fiera a Milano quando è scoppiata l’emergenza sanitaria. Non ci rendevamo bene conto di cosa stesse succedendo – racconta Giacomo Bramucci, noto imprenditore del commercio senigalliese – ma al ritorno era tutto zona rossa. Di colpo ci siamo ritrovati senza contatti, senza relazioni, senza poterci interfacciare con le persone, cosa per noi fondamentale anche perché gran parte del lavoro è sulle emozioni della clientela». Tutto si è bloccato con gravi danni per tutta la filiera. «Noi avevamo già acquistato tra agosto e settembre 2019 le produzioni che avremmo poi venduto a partire dalla primavera 2020. Si è parlato subito di ristori e sostegni ma prima che le aziende potessero vedere qualcosa, già la filiera si era mossa. L’unico rimedio è che tutti gli attori della filiera produttiva, distributiva e di vendita si assumessero in parte degli oneri aggiuntivi – spiega – e così dal fornitore della materia prima all’azienda produttrice del capo di vestiario, dal distributore all’esercente che vende al dettaglio tutti si sono accollati parte delle perdite e delle spese già sostenute»…

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