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Il monastero di Santa Cristina: «Un dono per la città di Senigallia» – L’intervista

Marina Mancini a Radio Duomo Senigallia

Il monastero di Santa Cristina, a Senigallia, è al centro della nuova puntata di “20 minuti da Leone”. Torna a trovarci Marina Mancini, docente, appassionata e studiosa di storia dell’arte per raccontare la storia delle monache benedettine, presenti in città da 450 anni. L’intervista è in onda venerdì 25 e sabato 26 ottobre, alle ore 13:10 e alle ore 20 di entrambi i giorni, oltre a domenica 27 a partire dalle 16:50 (la terza di tre interviste consecutive). Sempre su Radio Duomo Senigallia (95.2 FM) ovviamente. Ma l’audio – intervista è disponibile anche in questo articolo assieme a un estratto testuale.

Una storia lunghissima: cosa ci puoi raccontare?
I 450 anni di storia della comunità monastica benedettina femminile si intersecano con la vita della nostra città di Senigallia perché comunque la comunità anche se vive la sua clausura è assolutamente in contatto con i concittadini. Nel 1974 monsignor Alberto Polverari aveva scritto una breve sintesi della storia della comunità da cui sono un po’ partita per delle ricerche. Grazie ai miei studi sulla storia delle famiglie nobiliari della nostra città ho potuto arricchire questa storia soprattutto per quanto riguarda gli avvenimenti inerenti alla fondazione. L’originario monastero era un edificio monumentale che occupava tutta l’area della scuola Pascoli.

Quindi il monastero in via dell’Angelo, diciamo dietro il cinema Gabbiano, è stato realizzato nel novecento?
Sì diciamo l’elaborazione è stata un po’ piuttosto lunga e complessa perché si è cominciato a parlarne negli anni sessanta del cinquecento, poi quell’edificio monastico fu oggetto di varie traversie. L’attuale edificio ha avuto anch’esso una storia un po’ travagliata ma risale al 1953.

È diciamo ancora una presenza vivace, viva?
Beh sicuramente l’antico monastero ha avuto una storia una frequentazione da parte anche delle giovani ragazze delle nostre famiglie molto cospicua ecco perché erano più di 40 le monache oltre alla parte dell’educandato che andava dalle 12 alle 20 a seconda dei periodi. Una comunità nutrita e soprattutto anche molto laboriosa perché questo va sottolineato non ha mai pesato sulla comunità cittadina o ecclesiastica perché avevano tutte le strutture e le capacità e le abilità per autosostentarsi con il lavoro manuale soprattutto. 

Che attività portavano avanti? 
Grazie ad alcune donazioni testamentarie avevano delle proprietà terriere, ma tutte le monache avevano comunque una giornata scandita dalla preghiera e soprattutto dalle attività manuali quindi c’era chi si specializzava nel ricamo artistico, nel rammendo invisibile oppure nell’arte per esempio di decorare i fiori; cucivano i materassi, le imbottite, ma poi anche avevano attività di liquoreria, di pasticceria, di produzione di ceroplastica: un patrimonio non indifferente della nostra tradizione. 

Ora diamo uno sguardo al presente…
Questa comunità ha dimostrato veramente una tenacia e una fede esemplari: nel tempo sono sopravvissute a soppressioni delle congregazioni religiose, a terremoti, a svariati esili, alluvioni, epidemie, pesti, guerre. Nel luglio del 1944 la badessa affrontò l’irruzione dei tedeschi nel monastero, un esempio di coraggio e di mitezza. Un dettaglio significativo è stato quando in seguito all’occupazione francese del monastero le monache erano state allontanate e il monastero destinato a caserma. Quando però il vescovo Fabrizio Testaferrata le volle far tornare in città le monache aprirono una scuola pubblica per le fanciulle, segno della profonda unione con la storia della città. Tra le ragazze delle famiglie nobiliari possiamo citare alcuni nomi abbastanza rilevanti, come le principesse di Castelbarco o le le ultime due bimbe della coppia Alessandrina de Bleschamp e Lucien Bonaparte che hanno abitato nella nostra città.

Tu di tutto questo ne parli in una pubblicazione?
Questo libricino è uscito in occasione dei 450 anni di storia del monastero di Santa Cristina, dal 1574 al 2024.

E in futuro?
Nella nostra comunità sono rimaste tre monache ma non per questo si scoraggiano, continuano il loro lavoro manuale e la loro accoglienza verso tutte le persone che comunque frequentano il monastero. 

Monastero in cui è presente anche una culla per la vita?
Questa comunità nata come dono alla città di Senigallia e continua ad avere questa funzione, questo ruolo di faro spirituale e in qualche modo appunto di dono per la città. La culla per la vita è stata una un’idea messa in atto realizzata nel 2013 ed è un moderno congegno appunto che favorisce insomma sia il calore e l’immediato anche allarme nel tal caso si dovesse lasciare un bambino all’interno, quindi vuole essere un aiuto, con la traduzione anche del messaggio in diverse lingue, per qualche mamma in estrema difficoltà evidentemente.

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