Viaggio nella Rotta balcanica: Caritas Marche per conoscere i progetti e le sfide del fenomeno
La rotta Balcanica è divenuta una dei maggiori passaggi intrapresi dai migranti nel loro esodo per raggiungere l’Europa. Nel tempo la rotta ha impiegato un compito fondamentale nella metamorfosi dei fenomeni migratori, trasformando i Balcani in uno raccordo importante per l’immigrazione irregolare nell’Unione Europea. Caritas Marche è andata nei Balcani per un viaggio di approfondimento della “Rotta balcanica” e di conoscenza delle attività e dei progetti delle Caritas locali. Si è trattato di un ‘Press-Trip ‘viaggio per la stampa’ inserito all’interno del progetto REMAP che già un anno e mezzo fa portò diversi giovani delle diocesi marchigiane a visitare le persone ospitate nei campi in Bosnia.
Nella prima tappa in Montenegro, nelle Diocesi di Kotor e Bar, il delegato di Caritas Marche Marco D’Aurizio e il direttore di Caritas Ancona-Osimo Simone Breccia hanno vissuto esperienze significative come la visita del Centro per richiedenti asilo e l’incontro con diverse persone provenienti dai territori dell’Ucraina e della Russia. La Caritas nasce nel Paese in seguito al terremoto del 1979 sviluppando una rete emergenziale di supporto alla popolazione. Solo nel 1993 comincia a formarsi un nucleo strutturato di volontari e nel 1998 la Caritas Montenegrina inizia a strutturarsi con una rete di professionisti a supporto. Attualmente offre servizi assistenziali per molti anziani e svolge attività di inclusione sociale a sostegno di persone con disabilità.
Hanno incontrato Mons. Rrok Gjonlleshaj, Arcivescovo di Bar e amministratore della diocesi di Kotor, il direttore di Caritas Montenegro Marko Djelovic e il direttore di Caritas Kotor don Zeljko Paskovic che hanno presentato alcuni progetti di assistenza per la popolazione locale come la cucina popolare di Tivat o i Centri di accoglienza di Bar. L’assistenza è rivolta ad anziani e migranti (15% della popolazione) ma prevede anche l’integrazione lavorativa di disabili e vulnerabili.
Sulla questione migranti, la situazione è variata nel tempo, l’emergenza Ucraina ha mutato le condizioni dell’accoglienza, infatti decine di migliaia di rifugiati sono arrivati nella regione per ottenere protezione internazionale. Tuttavia la “rotta balcanica” continua ad essere una via privilegiata per molti profughi provenienti dal Medioriente e dall’Africa centro-settentrionale. Il Montenegro risulta infatti essere una meta di passaggio per l’ingresso nei territori dell’Unione europea.
In Serbia, dall’inizio dell’emergenza, sono stati attivati circa 19 campi profughi che hanno accolto migliaia di migranti, qui la situazione umanitaria è certamente migliore rispetto ad altre compagini del contesto balcanico. Questo perché la Repubblica Serba è stata coinvolta fin da subito nell’emergenza migratoria. Tuttavia, è avvenuto un netto ridimensionamento dei centri di accoglienza passati da 19 a circa 6, lontani dai confini comunitari.
La delegazione marchigiana presente ha constatato il supporto concreto di Caritas Serbia in alcuni campi profughi, fin dall’inizio della crisi, con programmi di emergenza: attraverso aiuti umanitari, l’allestimento di strutture per accoglienza diffusa, la creazione di mense popolari per preparare pasti caldi e con attività di tipo psico-sociale seguite da personale qualificato sull’emergenza.
Per quanto riguarda la definizione dei flussi migratori, Daniele Bombardi di Caritas Italiana nei Balcani, ha dichiarato che è molto difficile fare delle previsioni perché la “rotta” ha dimostrato in questi anni di cambiare continuamente, forse la previsione è proprio quella dell’imprevedibilità. I flussi dipendono dalle situazioni socio-politiche del paese di destinazione e da quanto l’UE è accogliente o quanto respingente alle frontiere, quindi i Balcani si trovano tra l’incudine e il martello e incidono poco, perché vedono sul loro territorio passare le persone dai paesi più in difficoltà che provano a raggiungere l’Ue. Anche Caritas è presente lungo tutta la rotta in tutti i paesi, dalla Turchia fino alla Serbia con servizi alle persone e indipendentemente da quante ce ne sono o da che profilo si presenta.
Il viaggio di Caritas Marche è terminato a Trieste, porta di ingresso per migliaia di persone. L’incontro con Padre Giovanni La Manna già Presidente del Centro Astalli a Roma e Direttore di Caritas diocesana Trieste, ha permesso di conoscere la chiesa locale e le altre realtà del territorio hanno messo in campo per affrontare questo fenomeno ovvero accoglienza progettuale, assistenza medica, servizi per mangiare e dormire.
Infatti, Trieste è luogo di transito, sono circa 7.000 le persone arrivate negli ultimi 6 mesi, in calo rispetto allo scorso anno. Queste persone non vogliono stare in Italia e a Trieste, molti (circa l’80%) si fermano dai pochi giorni a qualche mese per poter proseguire il loro viaggio in altri paesi europei. L’attenzione si focalizza sul Silos, un edificio in totale abbandono situato accanto la stazione centrale, vicino a quella piazza, denominata “piazza del mondo”, che vede ogni sera operare le associazioni di volontari nella cura di chi riesce a superare i confini dei paesi balcanici. Cibo, vestiti, cure mediche spesso fino a tarda notte perché gli arrivi sono continui, ad ogni ora del giorno e della notte ed è fondamentale offrire loro conforto umano. Infatti, a Piazza della Libertà dove l’associazione “Linea d’Ombra” con Lorena Fornasir e altri volontari forniscono ogni sera una prima e indispensabile assistenza ai migranti è diventata uno dei simboli di accoglienza di questa città.
Il Silos (nella fotografia), proprietà della Coop, posto sotto vincolo della Soprintendenza ai Beni architettonici, da decenni non trova una sua destinazione d’uso. Un luogo indecoroso, tremendo, nel quale i migranti si accampano in condizioni drammatiche, tra rifiuti e topi, privi di ogni servizio. Le parole sono limitate per descrivere il luogo, il senso di vergogna per la mancanza di dignità e umanità. Un capolinea drammatico, in cui l’umanità ed il senso di solidarietà cedono il posto ad una colpevole indifferenza che lascia senza parole. In Italia, nel civile Nordest succede anche questo.
M.S.
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